La notizia è di quelle che non possono passare inosservate: da oggi sarà possibile lanciare progetti di crwodfunding sulla più importante piattaforma internazionale anche dall’Italia. La comunità di finanziatori di Kickstarter copre così 13 Paesi in tutto il Mondo, aumentanto le possibilità di raggiungere i propri obiettivi di raccolta.
Per poter inserire il progetto è necessario che la descrizione e il video siano sia in italiano che in inglese e inserire i sottotiliti in tutti gli idiomi, questo per facilitare la comprensione da parte di tutti gli utenti del globo: la “crowd” di kickstarter infatti è di 8,8 milioni di persone sparse in tutto il pianeta, che nel corso degli ultimi 6 anni hanno finanziato 86mila progetti con oltre 1,6 miliardi di dollari!
Ma perché aprire a progetti italiani, visto che a quanto pare il nostro Paese è molto indietro rispetto ad altre nazioni? A rispondere a questa domanda ci pensa uno dei fondatori, Yancey Strickler, in un’intervista rilasciata a Wired. “Nel 2014 gli italiani hanno sostenuto progetti lanciati da tutti il mondo sulla nostra piattaforma per un totale di 3 milioni di dollari. Segno che c’è spazio per costruire anche un ecosistema locale“. Molto importante nella strategia di Kickstarter è non creare siti separati per ogni lingua, ma di rafforzare la comunità integrandola in un’unica piattaforma di donazione nella quale “il 40% dei fondi è versato da finanziatori che non abitano negli Stati Uniti”. L’Italia è solo l’ultima arrivata in casa Kickstarter, nel corso dell’anno c’era già stata apertura verso altri paesi europei “in Germania” continua Yancey Strickler “abbiamo raccolto oltre un milione di euro nelle prime due settimane, molto bene anche la partenza in Francia. Pochi giorni fa siamo sbarcati anche in Spagna, mentre il Regno Unito, che fa parte del network ormai da tre anni, è ormai diventato il nostro secondo mercato”.
L’intenzione di Kickstarter sembra evidente: creare la più grande una comunity mondiale di donatori, aumentando le possibilità di finanziare i propri progetti. A questo punto gli alibi della mancanza di una platea di donatori o di una cultura di crowdfunding crolla e la “palla” torna nelle mani dei progettisti e dei loro piani di marketing e comunicazione, che diventaranno sempre più i principali attori per il crowdfunding anche nel nostro Paese.