Il crowdfunding in Italia: report 2018

E’ stato pubblicato in questi giorni a cura di Starteed il report 2018 sul fenomeno del crowdfunding in Italia. Il report sta diventando un appuntamento annuale per analizzare le dinamiche e le performance della raccolta fondi online sotto le diverse specie: da quella donation, a quella reward based, fino al lending e all’equity che sta attraversando un periodo di grande successo.

Noi di Myfundraising lo abbiamo letto per voi e naturalmente se ne avete la possibilità vi invitiamo ad approfondirlo. Di seguito vi riportiamo alcuni dati significativi:

  1. Il totale raccolto solo nel 2018 ammonta ad oltre 111 milioni di euro, quasi la metà rispetto agli oltre 244 milioni di euro complessivamente raccolti tramite crowdfunding fino al 2018. Significa che lo scorso anno si è registrata una crescita esponenziale, grazie soprattutto ad un ampliamento della normativa in materia di equity che ha prodotto un’espansione molto significativa
  2. A crescere sono tutte le forme, non solo l’equity. Significa che il crowdfunding si sta complessivamente affermando come una modalità di raccolta fondi (e non solo) almeno di carattere complementare alle altre strategie e canali, sia sul versante nonprofit con le donation e le reward based platform, sia in ambito profit sempre con il reward e l’equity based appunto. In forte espansione anche il lending che nel 2018 quasi raddoppia la raccolta complessivamente raggiunta dal 2015. Aumentano anche il numero di piattaforme, proporzionalmente soprattutto per il lending e l’equity.
  3. Il valore medio raccolto varia molto naturalmente a seconda della tipologia di crowdfunding e va dai 4066 € per i progetti donation/reward, ai 284319 € per i progetti in equity crowdfunding. Anche il numero di progetti è molto variabile, oltre 12mila progetti donation/reward e poco più di 300 (comunque molti) per l’equity.
  4. Il report approfondisce inoltre le partnership di finanziamento che il crowdfunding ha saputo attrarre e l’interesse anche degli Istituti di Credito con la promozione in molti casi di specifiche piattaforme.
  5. Le sfide che sembrano essere maggiormente avvertite dal panel della ricerca, riguardano l’ottimizzazione delle strategie di supporto ai progettisti, anzitutto per delineare quei progetti che non sembrano idonei (anche alla prova dei fatti) per una campagna di crowdfunding.
  6. Tra le potenzialità che vengono sottolineate vi è senz’altro quella che un progetto di crowdfunding possa costituire una sorta di pre-validazione del proprio progetto da parte del mercato (nonprofit o profit che sia), e questo può delineare lo strumento come un valido aiuto nelle modalità di approccio al proprio mercato di riferimento che va oltre l’obiettivo secco di raccolta.

Scarica qui il Crowdfunding in Italia – Report 2018

Fundraising: migliora le performance da ora

Uno dei problemi principali avvertiti dalle organizzazioni che raccolgono fondi è che i processi di miglioramento sono lenti e i risultati spesso stentano ad arrivare.

Sappiamo naturalmente che si tratta di un processo normale e che le fonti del miglioramento delle performance risiedono in vari fattori, interni come esterni all’organizzazione, relativi ad aspetti più di carattere strategico o, al contrario, più di taglio operativo, di risorse disponibili da investire, di capacità di controllo dei processi, di reputazione dell’organizzazione, di scelta dei canali di promozione, della ‘competizione’ con altre organizzazioni presenti sul territorio o similari per missione e causa promossa ecc.

Questo naturalmente costituisce una verità e chi propone (o millanta) di avere strepitose soluzioni immediate e vincenti per moltiplicare i risultati della raccolta fondi, sta mentendo o sa di mentire. I processi di miglioramento sono senz’altro lenti, ma uno dei problemi principali è che spesso sono lenti a causa delle stesse organizzazioni.

Facciamo un esempio: spesso capita che le organizzazioni si interroghino su come ampliare la propria raccolta fondi e si imbattano (magari perché suggerito da un consulente) nella necessità di adottare un database donatori. Sappiamo che senza uno strumento e una modalità costante di classificazione, analisi, ricerca sul database donatori, il fundraising non trova la giusta strada per crescere. Ebbene, altrettanto di sovente, le organizzazioni si fermano a questo punto, immaginando magari percorsi (o scorciatoie) più rapidi e meno costosi.

Queste situazioni costituiscono veri e propri ‘blocchi’ per le organizzazioni che pur ravvisando la necessità di innovare non compiono il passo fondamentale per farlo, avviare il percorso. Se non muovi il primo passo, potremmo dire con un’ovvietà, non potrai fare neanche il secondo e così via. Il primo fondamentale requisito che pertanto è richiesto per chi vuole innovare è la determinazione nella direzione del cambiamento. Se vuoi migliorare, se vuoi aumentare, se vuoi intraprendere nuove strade, devi cambiare qualcosa. Non c’è alternativa a questo assunto. Devi cambiare qualcosa.

Il secondo punto è che devi farlo ora. Senza esitare, fallo e basta. Sbaglierai? Possibile, ma hai comunque fatto un passo in avanti che ti consentirà di farne un altro correggendo il primo. Se non fai neanche il primo certo non correrai il rischio di sbagliare, ma le cose resteranno come sono o, peggio, daranno progressivamente risultati meno soddisfacenti.

Allora la questione è anzitutto di metodo. Myfundraising propone un metodo innovativo e pragmatico, fondato sui più diffusi modelli di gestione per la qualità che andiamo ad applicare alla strategia principale di raccolta fondi dell’organizzazione.

Eccolo brevemente in cinque punti:

  1. Chiediamo al board dell’organizzazione la condivisione del metodo e degli obiettivi che saranno definiti, la disponibilità a seguire le indicazioni che verranno fornite, l’impegno a fare ogni sforzo con noi per attuare quanto abbiamo condiviso. L’intero percorso vedrà alcuni momenti nei quali formalizzeremo gli impegni reciproci e avremo modo di valutare i vari aspetti, inclusi i risultati, in modo partecipato. Soprattutto formeremo una squadra, un team di lavoro, sarà la risorsa principale per attuare il cambiamento.
  2. Cominciamo a lavorare a partire da alcune metodologie condividendo un albero dei problemi e un albero di obiettivi, con ipotesi e precondizioni. Individuiamo quindi un piano operativo con obiettivi di miglioramento sostenibili e raggiungibili in un tempo breve (da uno a tre mesi). Predisponiamo una WBS (Work Breakdown Structure) con la quale definiamo attività e compiti e un Diagramma di Gantt, con il quale stabiliamo la sequenza delle azioni e la loro durata. Mezzi, costi e la definizione di indicatori specifici completa il logical framework del nostro progetto.
  3. Un nostro consulente farà da project manager e sarà responsabile dell’attuazione del piano operativo. Tutti coloro che saranno coinvolti avranno compiti ben definiti e tempi di attuazione assegnati. Tutto il team avrà la giusta motivazione per conseguire, insieme, il risultato atteso.
  4. Arriva la fase di realizzazione, è il momento in cui tutto il team di lavoro sarà impegnato nell’attuazione del piano, azione dopo azione. Tutto sarà adeguatamente monitorato per mantenere dritta la barra sul piano di lavoro e verificare i risultati conseguiti. La valutazione finale consentirà di vedere quale cambiamento saremo stati in grado di produrre.
  5. Comunichiamo a tutti il nostro lavoro. Sarà stato un lavoro impegnativo, ma siamo certi anche molto produttivo. E sarà senz’altro la premessa per un nuovo piano!

Cerchiamo a questo punto di anticipare una domanda che probabilmente caro lettore ti starai facendo. Ma quanto costa? Riusciamo a condividere con i consulenti il rischio connesso con il lavoro da fare?

Non resta che chiedere informazioni. Contattaci ora!

Accesso al credito e strumenti finanziari per il terzo settore

Il tema dell’accesso al credito e degli strumenti finanziari per il terzo settore sarà uno dei dieci temi al centro della Conferenza Regionale del Terzo Settore promossa dalla Regione Toscana in collaborazione con Forum Terzo Settore Toscana e Cesvot.

“Oggetto del tavolo” – indica il documento di presentazione – “sarà la riflessione sugli strumenti di accesso al credito per il terzo settore, sia sotto il profilo della domanda che quello dell’offerta. Proveremo a rispondere e a confrontarci sulle seguenti domande:Come sono cambiati la cultura finanziaria e gli approcci alla gestio-ne economico-finanziaria all’interno degli Ets anche in relazione alle diverse declinazioni organizzative che esso assume e nelle nu-merose esperienze determinate dai settori di intervento, dalle di-mensioni, dai progetti di sviluppo e dalle competenze in materia?Quali sono i fabbisogni relativi al credito e alle esigenze finanzia-rie degli Ets considerando sia gli aspetti quantitativi (l’entità del fabbisogno), qualitativi (quali canali, quali strumenti finanziari) e organizzativi (quali competenze, quali procedure)? Quali tenden-ze e previsioni? Quali nuovi servizi richiesti?Come rispondono alle reali esigenze le nuove misure di sostegno finanziario previste dal Codice del terzo settore per la generalità egli Ets (titoli di solidarietà, social lending, finanziamenti euro-pei, etc) e gli specifici strumenti finanziari per le associazioni di volontariato e di promozione sociale (credito agevolato, privilegi sui crediti, fondo per il finanziamento di progetti e attività di in-teresse generale, etc)?”

Ogni tema sarà gestito in tre gruppi di lavoro per favorire la più ampia partecipazione anche sotto il profilo della espressione delle istanze che, una volta raccolte, formeranno un documento finale proposto poi in plenaria. Uno dei tre tavoli vedrà anche la nostra presenza con uno dei coordinatori, Emanuele Gambini. Si tratta di un tema centrale che sta acquisendo sempre più interesse e attenzione da parte degli Enti del Terzo Settore, specie laddove le organizzazioni sono impegnate nella erogazione di servizi strutturati e complessi o dove la gestione patrimoniale e finanziaria diventa un elemento rilevante per la tenuta e lo sviluppo dell’intera organizzazione.

A questo link puoi trovare le indicazioni organizzative dell’evento e le modalità di iscrizione.

Impariamo dalle esperienze

Siamo all’inizio di un nuovo anno, molti sono appena reduci dalle campagne di raccolta fondi natalizie e di fundraising proprio non ne vogliono sentir parlare; altri, da un lato stanno facendo un po’ di bilanci dell’anno appena trascorso e stanno pianificando le nuove strategie e le nuove campagne. Siamo in un tempo di passaggio insomma, tra il valutare ciò che è stato realizzato e il pianificare ciò che vorremo realizzare prossimamente. E già molti avvertono l’esigenza di trovare nuove idee, nuove soluzioni, correggere errori fatti, intraprendere magari nuovi percorsi, nuove modalità di raccolta o implementare qualche soluzione integrativa alle campagne abituali. Insomma, è tempo per riflettere, pianificare e provare quindi a capire dove e su cosa concentrare le azioni di miglioramento per il nuovo anno!

Suggeriamo un esercizio che pensiamo utile per tutti coloro che immaginano il fundraising non come qualcosa che siccome si è sempre fatto così, allora non si può cambiare…guardare e studiare le esperienze altrui, è un buon modo per cominciare il nuovo anno. Non si tratta di andare a copiare idee già sviluppate, non è certo questo lo spirito, ma imparare dalle esperienze, questo sì è molto utile. Da dove partire? Suggeriamo di visitare il sito SOFII http://sofii.org/italian che “offre ai fundraisers degli enti non profit un archivio online, facilmente accessibile, con le creatività migliori nell’ambito della raccolta fondi di tutto il mondo. Copre tutte le aree del fundraising mondiale ed è a disposizione di tutti gratuitamente. Noi siamo impegnati a tutelare la nostra storia nella raccolta fondi e aggiungiamo di volta in volta nuove iniziative se valide. Offriamo delle risorse dalle quali i fundraisers possono imparare ed in grado di stimolare un nuovo pensiero creativo e innovativo.”.

Perché dovresti avere uno shop online per i regali solidali?

Molte organizzazioni nonprofit organizzano banchetti solidali in occasione di mercatini e feste locali, proponendo ai propri donatori piccoli gadgets, o piccoli lavori e manufatti talora realizzati con la collaborazione degli utenti dei loro servizi.

Le grandi organizzazioni nonprofit hanno organizzato veri e propri set di gadgets o materiali vari personalizzati con logo e grafica dell’associazione. Una sorta di catalogo vero e proprio di regali solidali. Spesso ne sentiamo parlare in occasioni speciali dell’anno, ad esempio per il S.Natale, ma ormai in occasione di molte ricorrenze, da San Valentino, alla festa della Mamma, alla S.Pasqua ecc. troviamo un’offerta personalizzata di regali solidali. Così come per eventi personali quali compleanni, battesimi, prime comunioni, matrimoni, lauree…

Anzitutto dobbiamo organizzare la parte di produzione e distribuzione dei regali solidali. E’ importante essere pronti sia ad avere la disponibilità di cartoline piuttosto che tazze o t-shirt in quantità e qualità adeguate, avere un piano di promozione dei regali solidali, fare promozione sulla rete corporate, e organizzare anche le spedizioni!

Ma avere tutto questo e non avere un sito web dove poter mostrare i regali solidali e poterli mettere a disposizione online ai propri donatori, è un problema.

Le statistiche sul commercio online e sulla propensione degli utenti a fare acquisti e donazioni online è costantemente in crescita, alcuni dati addirittura con aumenti a doppia cifra percentuale anno su anno. Questo significa che le persone sono sempre più tendenzialmente portate a acquistare online. Pensate che non faranno acquisti online di gadget solidali? Provate, magari anche incentivando l’acquisto, facilitando l’ordine e la spedizione…

E se sei interessato ad implementare questa opportunità per la tua associazione richiedici ora maggiori informazioni »

Usa sempre parole, gergo e acronimi che utilizzano i tuo donatori

E’ pur vero che vi sono linguaggi universali se parliamo di dono, di solidarietà, di aiuto umanitario ecc. Ma è altrettanto vero che le cause per le quali stiamo cercando sostenitori volontari o donatori, hanno tali specializzazioni che portano con sé linguaggi e stili comunicativi propri.

La cosa che dobbiamo cercare di capire è che non possiamo però essere autocentrati, guardare cioè solo al ‘nostro’ linguaggio, perché questo è tipico dell’attività che svolgiamo, del progetto che stiamo proponendo…i nostri interlocutori, in particolare gli attuali o potenziali donatori, hanno un loro linguaggio.

Facciamo qualche esempio. Se devo promuovere un bando per la ricerca di giovani volontari in servizio civile, il mio target saranno giovani e dovrò usare non certo un linguaggio formale (come di solito è invece quello dei bandi!). Ho visto mille volte comunicati stampa, locandine, lettere di invio ad incontri informativi che francamente penso siano totalmente ignorati dai giovani (o dalla stragrande maggioranza di essi). Non sto parlando di canale di comunicazione (anche questo certamente non irrilevante!), ma proprio di linguaggi, di stili comunicativi, di espressioni gergali.

Vediamo un’altra situazione, per certi versi all’opposto: se mi sto occupando di assistenza a persone affette da Alzheimer, probabilmente il mio target saranno i familiari, presumibilmente soggetti adulti che vivendo di persona una situazione critica e dolorosa, non solo avranno necessità di un livello informativo diverso, ma dovranno essere approcciati anche in modo adeguato, con un linguaggio accogliente, capace di trasmettere anche affidabilità, competenza, sicurezza. Non ultimo non dobbiamo dare per scontato che i nostri potenziali donatori conoscano a fondo termini tecnici dell’attività che proponiamo; essere chiari e completi nella spiegazione, agevola la comprensione del nostro interlocutore.

Quindi, abbiamo capito…basta con la lettera standard per il donatore!

I 3 errori che non dovresti commettere nella tua pagina di donazione

Nella nostra esperienza ci siamo trovati spesso a contatto con organizzazioni che ci chiedo consigli su come migliorare la propria raccolta fondi, dicendoci di aver già provato molte strade ma non sempre con risultati ritenuti soddisfacenti, specialmente nell’ambito digital. Come spieghiamo in questa pagina il fundraising è principalmente un “lavoro” di relazioni, siano esse personali o virtuali, quindi non è il caso di abbattersi troppo facilmente se non si ottengono risultati immediati.

Nonostante la pazienza necessaria i primi tempi, possiamo però individuare fin da subito se qualcosa non sta funzionando come dovrebbe. Il caso classico è rappresentato dalla pagina di donazione del sito web (sempre che il sito la preveda!). La pagina di donazione è forse quella più importante nei siti web delle associazioni, in quanto è quella nella quale un utente aprirà (o non aprirà!) il portafoglio. Vediamo quindi quali sono i 4 errori da evitare assolutamente.

1 – la pagina di donazione non si adatta ai dispositivi mobile.
Questo problema può essere generalizzato per tutto il sito web: la maggior parte degli utenti ormai naviga principalmente tramite dispositivo mobile (smartphone o tablet), pertanto avere pagine web che rendono difficoltosa la lettura rappresentano un errore veramente grave. Costruendo la pagina di destinazione con campi form da compilare, scelta del metodo di pagamento etc potrebbe complicare estremamente le cose: il form per la donazione può non essere visualizzato correttamente pur essendo la pagina nella sua globalità responsive. Sempre meglio quindi controllare come viene visualizzata la pagina su schermi di piccole dimensioni. Un consiglio semplice su come fare questo controllo da computer? Basta rimpicciolire la finestra del browser e il gioco è fatto…

2 – Attenzione alla coerenza del messaggio
Quando un donatore arriva alla donazione probabilmente ha già visitato altre pagine del sito per informarsi, oppure ha cliccando su un link sulle tue pagine social, o di una newsletter, etc. La cosa importante è che vuol donare perché ha trovato un messaggio che lo ha convinto… ma se nella tua pagina di donazione improvvisamente non trova più quel messaggio, cosa pensi che farà? Facciamo un esempio pratico: la tua organizzazione deve acquistare un nuovo automezzo, Mario Rossi è iscritto alla tua newsletter e riceve una mail in cui presenti la tua campagna per l’acquisto dell’automezzo spiegando in maniera convincente i motivi e i benefici che questo acquisto avrà per l’associazione. Bene, Mario Rossi è convinto e decide di cliccare sulla tua pagina di donazione e… si ritrova una pagina di donazione generica, in cui non si fa riferimento all’automezzo o, peggio, in cui sono descritti altri progetti che possono essere finanziati. Quante probabilità ci sono che Mario Rossi decida di proseguire con la donazione che aveva in mente?

3 – Troppe distrazioni
Dicevamo che la pagina di donazione è quella più importante del sito web. Più importante perché è legata a doppio filo al tuo obiettivo principale: recuperare fondi per sostenere la tua organizzazione. E come spesso capita nella vita di tutti i giorni per raggiungere un obiettivo è necessario essere concentrati e determinati. Nel caso digital la “determinazione” è quella della pagina di donazione che deve essere pensata e strutturata per portare in maniera univoca l’utente alla donazione, mentre la “concentrazione” è quella dell’utente che non deve essere distratto da fattori esterni che decidiamo di inserire nella nostra pagina (esempio un banner lampeggiante, popup e altre strane idee…)

Care nonprofit, è tempo di progettare la campagna di Natale!

Care nonprofit, se non avete ancora messo mano alla progettazione della prossima campagna di Natale, non perdetevi i prossimi numeri della nostra newsletter! Ogni settimana vi daremo alcuni suggerimenti su cosa e come fare per centrare gli obiettivi di raccolta più attesi dell’anno.

Se invece siete un’azienda profit e non avete ancora pensato a cosa proporre per il prossimo Natale ai vostri dipendenti e ai vostri clienti, potremmo darvi qualche suggerimento utile per trovare in una campagna originale, la soluzione giusta per ringraziare chi assicura il successo della vostra impresa e pensare a chi assicura il successo a chi ha più bisogno.

Per questa settimana vi diciamo che una buona campagna di Natale parte da un buon brainstorming. Non decidete tutto al tavolino, tra pochi o pochissimi dirigenti. Provate ad innescare un percorso partecipato all’interno della vostra organizzazione, nonprofit o profit che sia. E assicuratevi di condurre adeguatamente il brainstorming, applicando correttamente le tecniche valutative e di elaborazione creativa. La creatività nasce dallo scambio, provate a coinvolgere rappresentanti dei diversi livelli della vostra organizzazione e possibilmente anche qualche stakeholder capace di offrirvi un contributo originario.

Mandateci le vostre idee per la campagna di Natale, potremmo darvi qualche suggerimento in più! Scriveteci a info@myfundraising.it

Fundraising e impresa sociale: novità in vista!

L’impresa sociale sembra davvero essere tra gli aspetti cruciali della Riforma del Terzo Settore recentemente varata dal Parlamento con la legge delega al Governo che, entro maggio 2017 andrà a legiferare nel dettaglio con (attesi) numerosi decreti attuativi.

Cosa c’è di novità? In realtà la legge delega, anche sul punto dell’impresa sociale, traccia in modo generale la nuova disciplina. Quel che è certo che si interverrà sul versante delle materie con un ampliamento dei campi di azione, un intervento diretto a consolidare il mondo della cooperazione sociale come impresa sociale di diritto e sicuramente anche un atteso ampliamento delle condizioni agevolative, ciò che in definitiva – tra varie altre questioni – in questi anni ha impedito all’istituto dell’impresa sociale di svilupparsi. Del resto il Terzo Settore in questi anni di crisi ha dimostrato non solo di ‘reggere’ il colpo, ma di generare condizioni di sviluppo, non ultimo anche in ottica occupazionale.

Non desta pertanto sorpresa che l’impresa sociale possa trovare nella nuova Riforma un volano di sviluppo, la creazione di condizioni operative e di contesto favorevoli. Su questi aspetti naturalmente il percorso che porterà alla emanazione dei decreti attuativi, è ancora aperto ad un dibattito che addetti ai lavori e organizzazioni di rappresentanza, potranno senz’altro contribuire a delineare offrendo i propri spunti e suggerimenti.

Uno degli aspetti che probabilmente è tra i più interessanti e che meriterebbe una disciplina ampia e comprensiva, è quello delle risorse per l’impresa sociale. Possiamo parlare quindi di fundraising per l’impresa sociale? Forse sì, e non solo nel senso tradizionale di ricerca di donazioni/sponsorizzazioni. Forse anche su questo aspetto la disciplina potrebbe offrire un’opportunità, ma l’aspetto probabilmente più interessante potrebbe essere rappresentato dall’estensione all’impresa sociale delle condizioni agevolative oggi riservate alle start up innovative, inclusa la possibilità di accedere all’opportunità di finanziamento attraverso l’equity crowdfunding (forma di crowdfunding che permette l’accesso a capitale di rischio, possibilità in Italia oggi riservata solo alle start up innovative e alle PMI innovative appunto). Si tratta di un’estensione importante perché colloca l’impresa sociale nella sua reale dimensione di impresa e non semplicemente di un’organizzazione nonprofit a cui destinare donazioni, sponsorizzazioni o finanziamenti pubblici. Si tratta di un’opportunità perché consente anche in maniera adeguata la ricerca di capitale di rischio dalla comunità. L’impresa sociale (di comunità) potrebbe diventare un modello di successo e diffuso, capace di generare una partecipazione del tutto inedita alle produzioni di beni e alle erogazioni di servizi di utilità sociale.

Noi di Myfundraising seguiamo direttamente lo sviluppo di queste nuove opportunità, avendo esperienza di lavoro e di sviluppo di impresa sociale e avendo a cuore le nuove opportunità di sviluppo di fundraising, soprattutto se promosse attraverso strategie digitali. Non resta che rimanere sintonizzati (stay tuned!) sugli sviluppi dei prossimi mesi.

Il fundraising e la ricerca sui donatori, social network analysis e altro ancora

Durante un nostro percorso formativo diretto ad Associazioni di Volontariato tramite un CSV (Centro di Servizi per il Volontariato), ci è capitato di ragionare su esperienze di fundraising fatte da piccole organizzazioni. Alcune, anche di uno stesso territorio, nemmeno si conoscevano, altre invece avevano già sviluppato attività in rete, ma nessuna aveva mai promosso in rete attività di raccolta fondi. Perché no? Imbarazzo e capisci che da un lato nessuno ci ha pensato, dall’altro probabilmente è presente un atteggiamento riservato (per così dire) quando si tratta di risorse. Certo, qualche progetto in rete, ma davvero in rete o una partnership formalizzata solo sulla carta in accordi poi dimenticati non appena consegnato il progetto?

Stiamo pensando però al tema fundraising e rete. Fundraising nel senso anche di strategie verso donatori individuali e verso imprese. Tra l’altro sempre più spesso il cause related marketing e altre tradizionali modalità di relazione tra profit e nonprofit, per restare a pratiche di fundraising col mondo corporate, si trasformano in vere e proprie partnership che coinvolgono valori e processi aziendali da un lato e solidali dall’altro, con la partecipazione spesso allargata al personale dell’azienda in esperienze di volontariato, in percorsi di vera e propria responsabilità sociale che vanno oltre la donazione incardinata nei processi di vendita di servizi e prodotti.

Ma anche in questo caso a scommettere talora sono più le aziende che le nonprofit. Ci è capitato ad esempio che in occasione della Festa della Mamma, con un nostro Cliente non siamo riusciti a strutturare alcuna campagna perché la proposta di costruire un percorso di rete con alcuni esercizi commerciali del territorio ha incontrato perplessità e poco entusiasmo e l’organizzazione si è trascinata per qualche mese senza poi riuscire a proporre nulla….un’occasione persa. D’altro lato, ci è invece capitato in passato di svolgere una campagna centrata sulla distribuzione di un calendario che voleva raccontare un progetto di orticoltura con persone con disabilità. L’idea di costruire reti col territorio passava in questo caso dalla disponibilità di ristoratori locali a fornire ricette, una per ogni mese e contribuendo alla diffusione dell’iniziativa. La campagna in questo caso ha avuto un esito particolarmente positivo, sia economicamente in termini di raccolta fondi netta e di ROI, ma offrendo anche motivi di sviluppo sull’attività.

Crediamo molto che la strategia di costruire reti, non solo con altre organizzazioni nonprofit, ma anche col mondo corporate sia una chiave non solo per rendere ottimale l’impiego di risorse, ma per creare ulteriore valore, anche da un punto di vista sociale. Per questo che noi di Myfundraising abbiamo stretto una partnership con il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa, specializzato nello studio delle reti sociali attraverso le metodologie della social network analysis,  un protocollo d’intesa che desideriamo mettere a disposizione dei nostri Clienti per costruire percorsi di rete anche per il fundraising.

Quali caratteristiche ha la rete nella quale è inserita la tua organizzazione nonprofit? E quali potenzialità in termini di efficientamento ha? Qual è il potenziale che la tua rete potrebbe esprimere anche ai fini della raccolta fondi? Sono solo alcune domande alle quali possiamo rispondere. Ma questo è solo l’inizio. In realtà, miriamo a proporre un’idea di fare fundraising che corra insieme al fare ricerca e metta al centro il donatore. Per questo la social network analysis ci aiuta per alcuni aspetti, ma non è l’unica metodologia e l’unico percorso che sviluppiamo. Se il digital ad esempio ci offre tutta una serie di metriche, per certi aspetti anche nuove, altre metodologie quantitative e qualitative ci aiutano a leggere il comportamento e le preferenze dei donatori. Un modo che anche le piccole ONP, magari in rete, potrebbero senz’altro adottare per migliorare le loro attività di raccolta fondi.

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy. Dichiari di accettare l’utilizzo di cookie o altri identificatori chiudendo o nascondendo questa informativa, cliccando un link o un pulsante o continuando a navigare in altro modo. Maggiori informazioni