Con la Riforma del Terzo Settore e l’entrata in vigore del nuovo decreto sull’impresa sociale, cambiano anche alcuni rilevanti assetti circa le connessioni tra attività di fundraising e impresa sociale stessa. La novità è talmente rilevante che si potrebbe nel tempo configurare – per effetto delle norme agevolative – una sorta di concorrenza interna tra gli ETS (Enti Terzo Settore) e l’impresa sociale, in particolare tra chi ricerca donazioni (anch’esse agevolate, e ancor più per le Organizzazioni di Volontariato) e chi investe nelle imprese sociali.
Si dirà che si tratta di cose diversissime, certamente. Si dirà anche che l’intenzione e il comportamento nei fatti del soggetto che dona e di quello che potrebbe investire nell’impresa sociale sono anch’essi diversissimi e mossi da motivazioni profondamente distanti tra loro, giusto. Ma pensiamoci bene. Mettiamo che sono un privato che vuole destinare una somma ad un’attività solidaristica e di utilità sociale. Mi potrò trovare di fronte un ETS che mi offre la possibilità di donare su un progetto e potrà offrirmi (solo dal 1 gennaio 2018) la possibilità di fruire di una detrazione Irpef del 30% per una somma fino a 30mila euro (35% se si tratta di OdV). Ma potrei trovarmi di fronte anche una proposta di fundraising del tutto diversa, quella di un’impresa sociale, che non richiede una donazione, ma mi dà la possibilità di far parte della compagine sociale con una detraibilità Irpef sempre pari al 30%. Addirittura potrebbe avere leve non solo patrimoniali, ma motivazionali anche superiori: far parte di un progetto fino al punto di possederne una parte!
Il contribuente, fruendo sempre del medesimo 30% di detrazione Irpef, può quindi decidere di investire (non donare) nel capitale sociale di una o più società, incluse le società cooperative sociali, che abbiano acquisito però la qualifica di impresa sociale dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni e che siano costituite da non più di trentasei mesi (l’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 1 milione di euro e deve essere mantenuto per almeno tre anni). Ogni anno potrei decidere di non fare donazioni, ma di investire in imprese sociali, mantenendo il capitale, facendo un’azione solidaristica (non pari alla donazione, ma di grande sensibilità e utilità sociale) e avendo la stessa agevolazione fiscale.
Le nuove imprese sociali, anche in forma cooperativa hanno quindi di fronte a loro una rilevantissima strategia di fundraising da promuovere e implementare, alla ricerca non di donazioni ma di capitale sociale, la cui adesione rappresenta – è vero – cosa ben diversa da una donazione, ma – a pensarci bene – può essere di eguale (e in alcuni casi di maggiore) interesse per l’investitore sociale. Questi non solo fruisce di una medesima agevolazione fiscale in termini di detraibilità delle somme versate, ma – pur sostenendo un’iniziativa d’impresa e di utilità sociale – investe e non cede proprie risorse e prende parte, forse in modo ancor più coinvolgente, alla realizzazione di importanti progetti.