Quale sviluppo in Italia per le donazioni?

Lo spunto di riflessione viene da un trend che sembra affermarsi negli ultimi mesi e che vede il fisco italiano sensibilmente più attento a riconoscere forme agevolative sulle donazioni (cfr. ad es. l’aumento del limite massimo detraibile per le donazioni alle ONLUS e alle organizzazioni ad esse assimilate, introdotto con l’ultima legge di stabilità), così come assecondare lo sviluppo del 5X1000 togliendo il tetto che negli ultimi anni aveva limitato non poco le possibilità di entrata da questa fonte per le organizzazioni beneficiarie, ONLUS e non solo.

Alla domanda che abbiamo posto nel titolo, “quale sviluppo in Italia per le donazioni?”, la risposta più ovvia e semplice è che l’andamento possa segnare nuovi aumenti, ma al di là degli auspici, è opportuno ragionare su quali siano le condizioni che possano favorire in qualche misura la crescita.

Recenti report ci hanno mostrato come il nostro Paese non figuri tra i primi (solo al 79esimo posto della classifica mondiale). Anche per questo riteniamo che vi sia un potenziale di crescita particolarmente significativo. Proprio in questi giorni, il portale Vita.it ha riportato una notizia sui primi 50 donatori negli USA, che hanno aumentato del 27,5% le loro donazioni ad organizzazioni benefiche e di come in questo elenco di grandi donatori, la parte principale sia oggi svolta da nomi legati alle industrie hi-tech. Un trend che è possibile forse – sebbene con proporzioni differenti – veder riprodotto anche in Europa e forse parzialmente anche in Italia, ancorché il nostro Paese abbia un modello capitalistico certamente diverso per dimensioni e caratteristiche da quello nordamericano.

Non vi è dubbio però che alcuni fattori strutturali, quali ad esempio il mutato quadro di riferimento del finanziamento del sistema di welfare (e non solo, il ragionamento vale anche per la cultura, l’educazione, la protezione ambientale ecc.), con una generale contrazione delle risorse pubbliche, stia progressivamente portando le organizzazioni nonprofit che a quel sistema di finanziamento pubblico attingevano fino a qualche tempo fa in maniera assai significativa, a recuperare relazioni stabili con i diversi attori individuali e collettivi, profit e non, della propria comunità di riferimento, al fine di accrescere le entrate da donazioni (e da sponsorizzazioni).

Ma se questo rappresenta ormai un elemento che possiamo dire consolidato e che spinge in maniera strutturale il nonprofit a rivedere le proprie strategie di posizionamento anche relativamente alle fonti di entrata per il proprio funzionamento e per lo svolgimento delle attività istituzionali, vi sono a nostro avviso anche altri fattori che possono (e potranno) contribuire ad uno sviluppo significativo del sistema del finanziamento da donazioni private (da cittadini e imprese).

Proviamo ad identificarne due. Quello che sta mutando – seppure con tempi molto diversi rispetto ad altri paesi, si pensi ai paesi anglosassoni – è la cultura del sostegno alle organizzazioni nonprofit. Un contributo significativo in questo senso lo hanno fornito negli anni proprio le misure dell’8X1000 prima e del 5X1000 poi,  che hanno mobilitato un gran numero di contribuenti in un’azione non ulteriormente costosa, ma che ha offerto buone opportunità a molte organizzazioni (non solo per le grandi sigle nonprofit nazionali). Oltre a questo, l’azione sempre più organizzata e stabile nel tempo delle grandi sigle del terzo settore, del mondo associativo e della ricerca che, per sostenere nuove cause sociali legate a malattie rare, alla protezione umanitaria dei minori, al sostegno a distanza o ancora alla protezione dell’ambiente, hanno puntato tutto sulla costruzione di un rapporto continuativo col donatore singolo, con iniziative di massa, con un marketing sociale professionalizzato e con un’attenzione sempre più marcata a personalizzare il percorso di fidelizzazione del donatore, sulla base anche del suo comportamento. L’introduzione di tecniche e metodologie di fundraising professionale ha fatto fare il salto di qualità (e di quantità, in termini di entrate) a molte di queste organizzazioni.

Ecco, l’estensione e la diffusione di tali metodologie, a partire dalla capacità di dare una direzione, degli obiettivi, delle metodologie scientifiche di monitoraggio delle attività di raccolta fondi, la capacità di comunicare adeguatamente e di rendicontare efficacemente quanto svolto con le donazioni raccolte, rappresenta il fattore oggi determinante per molte organizzazioni nonprofit anche di piccola e media dimensione per potersi ri-orientare nella direzione che dicevamo. La spinta ad intraprendere tali modalità gestionali, se non per virtù sarà a nostro avviso frutto di una necessità in molti casi di sopravvivenza o comunque di sostenibilità dell’organizzazione stessa, una strada obbligata insomma, capace tuttavia di aprire a nuove opportunità tali organizzazioni.

L’ulteriore elemento, fattore propulsivo della crescita che vediamo possibile delle donazioni nel nostro Paese, è rappresentato dalle nuove opportunità che il mondo digital mette a disposizione. Lasciamo un attimo da parte la questione del digital divide che in molti casi sembra superata, basti vedere la progressiva diffusione del commercio elettronico (in crescita a doppia cifra percentuale anno su anno) o alla diffusione dei social network (e non solo tra i giovani). Ora, non è questa la sede adatta per approfondire dettagliatamente ciascuna di queste opportunità, del resto sempre in costante evoluzione, ma basti citare l’email o sms marketing, l’adozione di campagne pay per clic con pubblicità magari offerta gratuitamente dal programma Grants di Google. Allo stesso modo, basti citare il potenziale dei social network, non solo per la condivisione di contenuti ed iniziative delle nonprofit, ma anche per canalizzare e potenziare le capacità di raccolta fondi e ricerca di volontari. Ecco, tutti questi nuovi strumenti rappresentano una nuova frontiera da utilizzare sapientemente, promuovendo strategie, ma da adottare senza indugi! Non ultime le nuove opportunità offerte da modalità collaborative di raccolta fondi dal basso date dalle diverse forme di crowdfunding (letteralmente, finanziamento dalla folla), dal rewarding, alla forma donation based o alle forme più complesse e spesso anche più interessanti ad esempio per il mondo delle imprese sociali e delle start up innovative a vocazione sociale, del social lending e dell’equity crowdfunding.

Non resta che attendere le evoluzioni, ma aggiungiamo, con un atteggiamento pro-attivo, capace di costruire percorsi e di mettere le organizzazioni nonprofit nelle condizioni strutturali per poter catturare flussi di donazioni che potranno costituire una valida fonte alternativa di finanziamento e sostegno delle cause sociali.

Aumentano le detrazioni per donazioni

Il fisco italiano sembra aver avviato un percorso di maggiore attenzione verso il riconoscimento di premialità al contribuente che dona alle ONLUS. Già negli ultimi anni era emerso come evidente un nuovo approccio alla materia con un progressivo aumento delle percentuali detraibili.

L’ultima legge di stabilità ha aumentato invece l’importo massimo annuale detraibile portandolo da 2.065€ a 30mila euro. E’ il contenuto di quanto previsto appunto dall’ultima legge di stabilità, reso noto già nelle scorse settimane. L’incentivo alla detrazione fiscale sulle donazioni ad ONLUS e soggetti assimilati rappresenta infatti una leva particolarmente importante su cui puntare nel sollecitare la donazione da parte di privati cittadini o imprese. Resta ovviamente invariata la possibilità di decidere se optare per la deducibilità con la cosiddetta + dai – versi e la necessità di effettuare le donazioni con modalità tracciabili.

Volontariato online, quanti lo conoscono?

Le nostre associazioni spesso lamentano la mancanza di volontari per le molte attività da fare, ma di questo tipo di volontariato non codificato e marginale sappiamo ben poco. Seconco un articolo pubblicato da Cristina Galasso su “Cittadini di Twitter” in Europa ben 60 organizzazioni promuovono il volontariato online, capolista la Spagna con ben 15 ONP.

In Italia le organizzazioni più importanti (e tradizionali) ignorano questo tipo di volontariato e molto spesso ne diffidano, pur utilizzandolo in molti casi nelle sue forme più semplici: “che dire del crowdfunding e di altre forme di raccolta fondi online a cui sempre più ricorrono associazioni piccole e grandi?”, scrive Cristina Galasso.

Ma quali sono le attività di volontariato che possono essere svolte online? Sicuramente tutte quelle che riguardano il web, come: gestione newsletter, forum, siti web, social media, ma anche corsi di formazione a distanza, raccolta fondi, redazione di testi e presentazioni.

“Buoni esempi di volontariato online sono Help from home o Cyber Volunteers – scrive ancora Cristina Galasso – altri sono segnalati nella ricerca di Jayne Cravens ma il più noto è senz’altro quello delle Nazioni Unite che nel 2000 ha messo a punto un vero e proprio programma di volontariato digitale a disposizione di associazioni e cittadini. Ad oggi vi hanno partecipato oltre 11mila volontari, il 58% donne, il 60% provenienti da paesi in via di sviluppo, l’età media 30 anni”.

Caso particolare in Italia è rappresentato dall’Associazione Patrizio Paoletti, che nel suo sito invita i volontari a scegliere a quale attività aderire in base alla propria disponibilità di tempo.

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy. Dichiari di accettare l’utilizzo di cookie o altri identificatori chiudendo o nascondendo questa informativa, cliccando un link o un pulsante o continuando a navigare in altro modo. Maggiori informazioni