Imprese cercasi!

Volete sviluppare un fundraising dalle imprese? Per favore, non acquistate online indirizzi email non profilati, non partite a caso senza una strategia e senza una mèta, non presentatevi ad elemosinare un contributo per la vostra causa.

Voi siete un’organizzazione nonprofit seria e cercate imprese serie con le quali condividere un progetto (serio anch’esso). Per questo volete cercare senz’altro imprese che vadano a sostenere la vostra causa, ma non ad ogni costo! In tutti i manuali di fundraising e in tutti i corsi, giustamente un accento particolare viene messo sui motivi di incompatibilità od inopportunità nel ricevere una donazione da parte di un’impresa. Ad esempio quando vi siano conflitti di interesse manifesti, cioè ad esempio quando l’impresa potrebbe farvi una donazione per avere un trattamento di favore in una fornitura, piuttosto che nel caso in cui l’impresa operi manifestamente in modo non socialmente responsabile, e dunque in conflitto in qualche modo con la missione della vostra organizzazione.

Non procedere a caso, presentarsi adeguatamente all’impresa, adottare una specifica strategia di costruzione di relazioni col mondo imprenditoriale, fosse quello locale per un’organizzazione di piccole dimensioni, o grandi imprese, come nel caso di organizzazioni nonprofit di rilievo nazionale, la regola aurea è sempre la medesima: non improvvisare, selezionare, fare un percorso.

Le imprese poi si possono cercare per due differenti modalità di contribuzione, da un lato la donazione, dall’altro anche la sponsorizzazione che però, lo ricordiamo, per molte organizzazioni nonprofit pone problemi sul piano fiscale per il profilo della commercialità. Attenzione quindi a distinguere e ad essere chiari con l’impresa, fin dall’inizio, su ciò che potete e su ciò che non potete fare. Le imprese sanno senz’altro quali sono poi i benefici fiscali dell’erogazione che vi faranno, date comunque loro le informazioni a riguardo, fate sapere che voi sapete e avete quindi un’organizzazione aggiornata anche da un punto di vista della gestione amministrativa delle donazioni.

Presentatevi quindi con una strategia, con chiara in testa cioè la modalità di coinvolgimento dell’impresa nel vostro progetto. Anche nel caso dell’impresa non si tratta solo di erogare una somma sul vostro conto corrente. L’impresa dovrà essere in grado di valutare a cosa sta associando il proprio marchio e dunque la propria immagine aziendale (quello anche voi!), quali sono i vantaggi (non solo quelli fiscali) che otterrà dalla sponsorizzazione o dalla donazione, quindi anzitutto i benefici di immagine e reputazione. Cosa offrite da questo punto di vista all’impresa? Come vi presentate all’impresa per raccontare il vostro progetto, il ruolo di partnership che chiedete?

Due aspetti ci sembrano importanti da questo punto di vista: da un lato chiedete, dall’altro siate aperti anche alle proposte che vi potrà fare l’impresa. Chiedere è l’arte del fundraising. Illustrate bene il progetto, presentate la vostra organizzazione adeguatamente, individuate modalità, soggetti e canali giusti per interloquire con l’impresa. Ma poi chiedete, siate in questo molto chiari nella richiesta, non fate l’errore di elemosinare un qualsiasi contributo. Voi avete in mente esattamente la cifra che vi è necessaria proprio da quell’impresa. Dall’altro siate aperti alle proposte, anche ad idee alternative o che si integrano al vostro progetto, specie dal punto di vista della comunicazione e della promozione. L’impresa ha sicuramente una sua modalità e sue strategie di comunicazione della propria immagine. Da questo punto di vista ha esigenze specifiche di rendere armonica la comunicazione associata alla partecipazione al vostro progetto con il suo stile. Non resta che provare!

Peopleraising, quello sconosciuto!

People che cosa? Si, peopleraising, letteralmente ricerca, raccolta di persone. E’, lo sappiamo in realtà, l’insieme di strategie, programmi ed azioni che, nell’ambito dell’organizzazione di volontariato e nonprofit in genere, è diretta a strutturare la ricerca e l’accoglienza di nuovi volontari e la loro gestione nel tempo. Detto in questi termini, molti vantano di svolgere questa attività “naturalmente”, come un’attività che va di pari passo e senza comportare molti sforzi, con le attività operative e i progetti associativi.

Molti però evidenziano carenza di volontari, la difficoltà di mantenerli nel tempo. Le ricerche sociologiche, vedi ad esempio le indagini condotte dal prof. Salvini del Dipartimento dell’Università di Pisa per CESVOT (www.cesvot.it) mettono in evidenza uno scenario di trasformazione nel tempo all’interno del mondo del volontariato, con comportamenti anche inediti dei volontari, una maggiore frammentazione delle organizzazioni e una più elevata mobilità dei volontari che hanno esperienze anche multiple di volontariato così come passaggi da un’associazione ad un’altra. In un contesto che cambia, devono adattarsi quindi anche le modalità di ricerca, accoglienza e cura dei volontari.

Uno degli aspetti che stanno emergendo come innovativi, è l’applicazione di strategie di rete anche nell’ambito del peopleraising, proprio per intercettare un target divolontariato tendenzialmente più “nomade”, di carattere maggiormente esperienziale più che fortemente connotato da un punto di vista identitario.

La “rete” nel volontariato – è di recente pubblicazione un lavoro che abbiamo curato per CESVOT insieme col prof. Salvini sul “Fare rete” con quindici step pratici per costruire e sviluppare reti nel volontairato -, è una strategia che pare essere particolarmente adatta anche a generare nuovo impulso nella partecipazione volontaria, attraverso scambi, iniziative congiunte, mobilitazioni di volontari per specifici eventi o campagne ecc.

Questo tipo di approccio, peraltro già sperimentato anche in passato da organizzazioni nonprofit di carattere nazionale (es. della ricerca medica, per l’assistenza a malati terminali ecc.) laddove si sono rivolte ad organizzazioni locali per la gestione di campagne di raccolta fondi a livello territoriale attraverso la mobilitazione e il coinvolgimento di volontari “prestati” alla causa della campagna, può essere vincente anche ad esempio in contesti nei quali non esiste un gruppo volontari proprio. Prendiamo il caso di molte fondazioni che gestiscono servizi, spesso anche attraverso imprese sociali, o che devono svolgere campagne di sensibilizzazione diffusa sul territorio o, ancora iniziative di raccolta fondi. Anziché accedere alla pratica del face to face con “professionisti”, può essere una buona soluzione andare a costruire una rete sul territorio, attraverso un coinvolgimento diretto di associazioni e volontari, così come di gruppi informali. Noi lo stiamo realizzando appunto per una Fondazione, scoprendo che la dimensione della rete, sta andando così a rappresentare un asset strategico, senza il quale non sarebbe immaginabile un’azione di fundraising territoriale.

Vuoi realizzare un programma di peopleraising? Chiedi ora maggiori informazioni!

Natale? Quando arriva, arriva..

Un celebre claim pubblicitario di un panettone natalizio di qualche anno fa, ci dà lo spunto per parlare della campagna di raccolta fondi più importante dell’anno, quella su cui le organizzazioni nonprofit confidano, talora anche eccessivamente (potrebbe obiettare qualcuno), affidando ad essa un ruolo non solo determinante, ma talora essenziale per il reperimento delle risorse necessarie alle attività.

Giusto o sbagliato che sia (in parte è giusto, intendiamoci – da sempre il Natale sollecita moti solidaristici maggiori che in altri momenti dell’anno o in altre circostanze -, in parte, invece, potrebbero e dovrebbero essere elaborate strategie durante tutto il corso dell’anno), resta il fatto della sua rilevanza e della centralità nelle strategie di fundraising. Per questo ne parliamo per tempo, andando per così dire a trovare Babbo Natale ancora rilassato in spiaggia o appena rientrato dalle ferie! La vostra organizzazione non ha ancora pianificato nulla per la prossima campagna natalizia? Ci penserete a novembre perché ora è troppo presto? Non avete mai pensato che fosse necessario partire con largo anticipo?

Non ci crederete, ma in molti casi le grandi organizzazioni nonprofit sono già in moto da tempo per ideare e progettare adeguatamente le proprie campagne e organizzare la “macchina natalizia” del fundraising. Certamente ogni organizzazione deve considerare i propri processi interni, le proprie dimensioni e ritarare tutto – anche le cose che diciamo – su di sé. Certamente però, una cosa senz’altro vale per tutti, partire per tempo, diciamo nel mese di settembre, a ideare e pianificare quanto si vorrà realizzare tra fine novembre e dicembre, è quanto mai opportuno. Pensate infatti solo ai tempi tipografici se vorrete realizzare prodotti di comunicazione… generalmente le tipografie già a novembre sono abbastanza ingolfate di lavoro in vista della fine dell’anno. Altra cosa è se vorrete realizzare un video, da preparare quindi con più largo anticipo, o se vorrete organizzare il gruppo di volontari per fare un face to face o il banchetto ai mercatini di Natale. Ancora di più se volete abbinare alle classiche strategie di raccolta fondi anche strategie digitali, con campagne combinate di email marketing, sms marketing, campagne pay per clic, realizzazione del minisito ecc. Sarà tardi, non lamentatevi se poi i risultati saranno deludenti o sotto le aspettative.

Costruisci il gruppo di lavoro e fai un fundraising di successo!

La costruzione del gruppo di lavoro, l’avvio di un percorso di consulenza di direzione nell’area fundraising per una ONP (Organizzazione Non Profit), specie in un momento di ripresa delle attività come è il mese di settembre, rappresentano una fase molto delicata. Il rapporto tra dirigenti della ONP e consulenti, parte appunto da questo step di lavoro, a meno che non siano richiesti specifici servizi in modo occasionale. C’è dunque un lavoro di impostazione da svolgere che non tutti affrontano nello stesso modo e, a dire il vero, non ha una regola valida per tutte le situazioni.

Recentemente ci sono capitati tre percorsi consulenziali di periodo da avviare con tre differenti organizzazioni, due fondazioni e una cooperativa sociale di grandi dimensioni, attività che stiamo appunto approcciando. Tre casi diversi che raccontiamo volentieri mettendo così a disposizione un’esperienza concreta diretta per chi voglia cimentarsi in un percorso di consulenza strategica.

Il primo esempio si riferisce ad una fondazione che si occupa di studi, formazione e progetti di intervento nell’ambito della marginalità estrema e del disagio. Una fondazione che si è affidata alla consulenza di Myfundraising in una fase di emergenza dal punto di vista della raccolta fondi, trovandosi cioè in una situazione piuttosto preoccupante rispetto alle risorse disponibili per lo svolgimento delle attività e non avendo sostanzialmente mai intrapreso alcun percorso di fundraising strutturato. In questo caso il livello dei decisori e del coordinamento generale, sono stati coinvolti anzitutto in un percorso di condivisione. Primo punto è infatti condividere uno stile operativo e tracciare – insieme – alcuni punti essenziali del percorso: ad esempio, l’intendere il fundraising come un processo da svolgersi nel tempo, come funzione stabile dell’organizzazione, piuttosto che come organizzazione di un evento specifico di raccolta. O ancora, il fatto di dover pianificare e verificare in base ai risultati raggiunti per stabilire strategie e modificare modalità e strumenti adottati. Il passo successivo che faremo nelle prossime settimane è di scendere sul piano operativo, intanto però è stato essenziale condividere l’approccio strategico.

La seconda esperienza prende origine da una consulenza ad un’altra fondazione che si occupa di servizi alla disabilità, nella quale la dirigenza (CdA) ha già bene in mente la centralità del fundraising, l’opportunità di avvalersi di una consulenza tecnica e di investire anche in attività promozionali connesse, in pubblicità e strumenti di comunicazione adeguati alle diverse strategie adottate. Qui l’esperienza di costituzione del gruppo di lavoro passa soprattutto nell’affiancamento delle figure tecniche che internamente sono state individuate per presidiare tanto la parte gestionale ed organizzativa, tanto quella dei servizi operativi. Affiancamento significa far crescere le risorse interne nella competenza su tutte le fasi di realizzazione del processo di fundraising. Lo stile consulenziale che adottiamo tende infatti a non sostituirsi alle risorse che internamente possono crescere.

Il terzo esempio di costruzione del gruppo di lavoro è attinente ad un percorso maggiormente centrato sulla comunicazione interna ed esterna, con l’obiettivo di costruire una funzione dedicata capace di svolgere anzitutto un ruolo di “regia”. In un’organizzazione come quella che stiamo seguendo, con oltre venti tra strutture e servizi alla persona, circa duecento dipendenti e una diffusione territoriale di rilievo zonale, le dinamiche di comunicazione/promozione sono evidentemente molteplici e per certi aspetti anche complesse. Ad una responsabilità “politica”, l’obiettivo è quindi quello di affiancare una competenza tecnica che vada oltre una semplice funzione di “addetto stampa”, per andare a costituire un vero e proprio “ufficio comunicazione”, valorizzando competenze interne già presenti, lavorando su una competenza diffusa ai diversi livelli organizzativi della cooperativa, promuovendo infine uno stile di lavoro fondato maggiormente sulla progettazione della comunicazione, prima che diretto alla produzione di singoli strumenti e prodotti comunicativi.

È chiaro, no? Il gruppo di lavoro, tanto a livello politico-direttivo, quanto sul piano tecnico-operativo, diventa centrale per impostare adeguatamente un lavoro di periodo che forma “struttura” all’organizzazione, che la fa crescere e potenzia e valorizza competenze, orientandole ad un disegno armonico. Se vuoi un consiglio su come organizzare il gruppo di lavoro, contattaci ora!

5 “Grazie” per i tuoi donatori

Come abbiamo sempre detto la parte più importante della raccolta fondi è la creazione di una relazione con i propri donatori. La creazione di questo rapporto passa anche dal ringraziamento che riserviamo a chi sostiene le nostre cause. Ma attenzione: non basta il semplice “grazie” una volta l’anno o, peggio, una tantum. Maggiore è il contatto e le informazioni che passiamo ai donatori, maggiore sarà la loro soddisfazione e propensione a donare nuovamente.

Vediamo qua di seguito 5 possibili “Grazie” che possiamo utilizzare per coinvolgere i donatori:

Il muro dei donatori

Inserisci sul tuo sito web e nella sala principale della tua associazione uno spazio dedicato ai donatori, in cui poter ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno sostenuto la tua causa. Forse alcuni vorranno mantenere l’anonimato, ma per tutti gli altri non c’è niente di più gratificante del vedere il proprio nome ben visibile nella lista dei ringraziamenti.

“Grazie” multimediale

“Un’immagine vale più di mille parole”. Lo stesso possiamo dire per i video o la musica. E se immagini, video e musica venissero messi tutti insieme per poter “regalare” un grazie carico di emozione a tutti i donatori? Ovviamente dovranno essere utilizzate persone reali, volontari, assistiti, beneficiari delle donazioni e non attori professionisti.

Fornisci esperienze

Spesso crediamo che il ringraziamento sia solo una mail o comunque qualcosa di non “tangibile”.. e perché non pensare ad un ringraziamento che posso far fare un’esperienza al donatore? Possono essere pensate esperienze dirette all’interno dell’associazione o ad attività o eventi collegati. Un’esperienza diretta segnerà in maniera indelebile il donatore, molto più di mille parole (o di un video!)

Racconta la tua storia

Questo tipo di ringraziamento segue direttamente la storia che è stata raccontata al donatore per spingerlo a sostenere la tua causa. Raccontare cosa è stato possibile realizzare grazie alle donazioni ricevute, lo stato dell’arte del progetto, raccontare la storia di chi ha beneficiato dirattamente della donazione.. queste sono solo alcune storie che possono essere raccontate ai benefattori, un modo di riempire il loro cuore di gioia e creare fiducia nei confronti dell’associazione: “noi non siamo tipi da prendi i soldi e scappa, ma ti raccontiamo cosa facciamo grazie a te!”

Aggiorna il tuo database!

Non c’è cosa peggiore che dimenticare il nome di un donatore o sbagliare a scriverlo! Presta molta attenzione all’aggiornamento del database dei donatori da ringraziare.

E tu, ringrazi sempre i tuoi donatori?

“Oltre la frontiera” del digital

Negli ultimi anni si sta molto diffondendo, a partire dai paesi anglosassoni, una nuova figura molto importante per le associazioni: il fundraiser. Anzi, come dicevano in un precedente articolo, secondo alcune statistiche il 20% delle associazioni non può fare a meno di questa figura. Professionisti nel settore ce ne sono molti, alcuni preparti, altri meno… ma come scegliere il giusto Fundraiser? Difficile da dire, ma una caratteristica fondamentale a nostro avviso deve averla: deve pensare, pianificare e progettare “oltre la frontiera”.

Abbiamo la strana abitudine di dividere gli eventi in un “prima” e un “dopo” dimenticando costantemente che avvenimenti importanti richiedono lunghi processi per potersi sviluppare completamente. Nella vita di tutti i giorni invece notiamo come alcuni concetti siano fin troppo “trascinati”. Ci riferiamo in particolare alla così detta “rivoluzione digitale” citata continuamente da opinion leader, politici, tecnici di settore. Se facciamo mente locale sul nostro stile di vita attuale ci accorgiamo come non ci sia una rivoluzione in atto, la realtà è che la rivoluzione è già finita, siamo già “oltre il confine”. I nativi digitali sono oramai teenager, non abbiamo bisogno di “andare online” ma lo siamo costantemente, riusciamo a fare qualunque cosa a qualunque ora del giorno e in qualunque posto con i nostro devices.
Il non accorgerci di essere oramai “oltre la frontiera” spesso fa cadere nell’errore che certe cose possano essere separate, fa nascere convinzioni che ci sia una netta separazione tra attività digital e tradizionali, che il marketing e la comunicazione possano dividersi in due specie distinte. Tutto questo non è vero, le cosiddette attività digital e le cosiddette attività tradizionali sono il sostegno le une delle altre e, soprattutto nel marketing, la distinzione è sempre meno netta.

Negli ultimi mesi abbiamo fatto spesso incontri di formazione e siamo stati relatori a seminari sul fundraising e ogni volta abbiamo sottolineato l’importanza dell’utilizzo delle attività digital a sostegno della raccolta fondi. Però ci teniamo a precisare come queste strategie debbano essere inserite in una visione più ampia, in progetto globale di comunicazione a lungo termine, altrimenti rimangono solo sterili attività sfruttate in casi di emergenza e poi lasciate al proprio destino. Ed è per questo che Myfundraising nasce dall’unione di competenze in campo direzionale e strategico e di competenze di tecniche e di comunicazione digitale, perché crediamo che sia l’unico modo per uscire dal “vecchio pensiero”, togliere i paraocchi e dare un nuovo significato al termine “raccolta fondi”.

“Antropologia” delle donazioni

Noi di Myfundraising siamo usciti da una settimana molto impegnativa che ci ha visto relatori sia per un evento durante il Festival d’Europa a Firenze, sia nel workshop da noi organizzato “3.0 Crowdfunding e fundraising digitale per nonprofit”.
Uno degli aspetti importanti che abbiamo comunicato spesso ai partecipati è la “relazione” che deve essere creata con il donatore, il far leva sulle emozioni per poter convicere un utente a diventare donatore.

Specialmente nella comunicazione sui Social Network le “leve emozionali” sono fondamentali, le pagine sono piene di informazioni e di immagini che colpiscono i navigatori, abbiamo quindi la necessità di emergere dal “rumore di fondo” e far arrivare il nostro messaggio dritto al cuore.

Ma come possiamo fare una comunicazione che possa fare appiglio sulle emozioni dei donatori? In realtà questa è la seconda domanda che dobbiamo porci, il primo punto da affrontare è “cosa genera le emozioni e perché le emozioni governano il nostro agire (inconscio)?”. Senza la presunzione di essere esperti di neuroscienze, affronteremo i soli aspetti che ci serviranno per seguire la giusta direzione nella nostra campagna di raccolta fondi.

I neuroni specchio
Scoperti da alcuni ricercatori dell’Università di Parma osservando il comportamento di alcune scimmie e presenti anche nel cervello dell’uomo: sono neuroni che si atthttps://www.myfundraising.it/wp-content/uploads/2020/05/Single-Post_9-Featured_img.jpg quando vediamo un altro soggetto compiere una determinata azione, ad esempio afferrare qualcosa. Ma non solo: i neuroni specchio di atthttps://www.myfundraising.it/wp-content/uploads/2020/05/Single-Post_9-Featured_img.jpg anche quando osserviamo un altro essere umano che sta provando determinate emozioni, come la rabbia, il disgusto, il dolore. I neuroni specchio sono i responsaboli del contagio delle risate.
Il perché sono imporanti per le nostre raccolte fondi è abbastanza ovvio: se riusciamo attivare i neuroni specchio dei nostri interlocutori con le immagini e la comunicazione che facciamo, riusciremo ad attivare aree del cervello “decisionali” che spingeranno alla donazione.

Gli ormoni della donazione
Probabilmente sapere che le nostre emozioni sono solo in risultato chimico della presenza di ormoni nel nostro organismo è un po’ spoetizzante… fatto sta che la verità è che ossitocina e cortisolo sono due ormoni che vengono rilasciati dal nostro cervello quando ci troviamo in particolari situazioni: l’empatia e la propensione a donare dipendono proprio dalla presenza di queste sostanze chimiche rilasciate dal nostro cervello. Un esempio? Due gruppi di pazienti, ad alcuni è stata iniettata ossitocina e ad altri solo placebo. Il gruppo che ha ricevuto l’iniezione di ossitocina si è dimostrato per l’80% più generoso sia nel donare che nella somma donata.
Cosa possiamo fare con la nostra comunicazione? Raccontiamo storie! La solita ricerca ha messo in evidenza che il cervello può essere stimolato alla produzione di ossitocina e cortisolo attraverso le storie che vengono raccontate: più una storia riesce a coinvolgere il nostro interlocutore, più ormoni vengono prodotti, più facilmente otterremo una donazione.

Donare rende felici
Questa scoperta, datata 2006, ha messo in evidenza che le aree del cervello che si atthttps://www.myfundraising.it/wp-content/uploads/2020/05/Single-Post_9-Featured_img.jpg quando effettuiamo una donazione sono le solite che si atthttps://www.myfundraising.it/wp-content/uploads/2020/05/Single-Post_9-Featured_img.jpg quando otteniamo una gratificazione. In parole povere: donare ci rende felici!
Quindi non dobbiamo fare altro che far capire tramite la nostra comunicazione “la gioia del donare

E tu che tipo di comunicazione usi per la tua raccolta fondi? racconti storie, fai leva sulle emozioni e sull’empatia o sei solamente informativo (e distante)?

Fundraising digitale: un caso di successo

“You can’t be scaring donors off with terrifyingly long terms and conditions or a badly worded Gift Aid message”
Julie Dodd, creative director (UX & design) at digital agency Zone  

Quando la Norwegian Cancer Society ha ridisegnato il proprio sito web nel 2012, i risultati sono stati illuminanti. Aumentando il focus sulla User Experience del sito web e dei dispositivi  mobile, le donazioni sono raddoppiate rispetto alla media, sono triplicati i nuovi donatori e i tesserati sono aumentati del 150%.

Cosi come altre associazioni la Norwegian Cancer Society aveva sempre sostenuto investito pochissimo nel proprio sito web, in quanto ha sempre ritenuto di ricevere poche donazioni tramite internet. In accordo con il proprio Digital Fundraiser hanno successivamente stabilito che la ragione delle poche donazioni online non era dovuta alla mancanza di utenti/donatori, ma era il sito che in qualche modo allontanava i visitatori prima che potessero fare una donazione.

Norwegian Cancer Society  non era l’unica associazione in tale situazione: un sondaggio tra associazioni non-profit Americane concluso nel luglio 2014 ha evidenziato che il settore delle donazioni ancora non riesce a massimizzare la raccolta fondi attraverso web e mobile. 20 delle 50 organizzazioni che hanno risposto al sondaggio hanno dichiarato di non ottimizzare le loro piattaforme di donazione per dispositivi mobili. Altri fattori che allontano i donatori sono: scarsa accessibilità, lentezza di caricamento delle pagine, opzioni di donazione limitate (esempio non è possibile utilizzare la carta di credito o Paypal).
La colpa più grande delle nonprofit è quindi  quella di stimolare il donatore, far nascere in  lui il desiderio di sostenerle… e non dargli gli strumenti per farlo!

Vediamo allora quali sono i consigli per migliorare la User Experience di un sito web e massimizzare le donazioni online:

1. Migliorare la struttura e il contenuto dei form: a volte basta poco, esempio cambiare il testo del bottone del formo dare la possibilità al donatore di abbandonare la pagina in qualsiasi momento;
2. Non chiedere al donatore più dati del necessario: spesso l’ossessione di avere un database con quanti più dati possibile è fatale, ogni informazioni in più richiesta al donatore è un motivo in più per abbandonare la pagina;
3. Identifica le pagine più visitate del tuo sito: sono le pagine più viste dagli utenti, quelle su cui ogni potenziale donatore si ferma più tempo, sono quelle nelle quali è FONDAMENTALE inserire la richiesta di donazione!
4. Semplifica la pagina di donazione: la pagina di donazione deve essere semplice e chiara, deve avere informazioni precise su come verranno utilizzati i soldi donati e illustrare le possibilità di donazione. Meglio qualche immagine e punti elenco rispetto a una pagina piena di testo;
5. Scegli con cura i metodi di donazione accettati: lo dicevamo prima, se un donatore vuol usare Paypal per la donazione, deve poterlo fare, così come può voler scegliere la propria carta di credito o un bonifico; ogni opzione in meno diminuisce la possibilità di ricevere una donazione.

Un recente rapporto relativo al primo trimestre 2015 ha evidenziato come le donazioni online negli USA sono cresciute del 9,9%… non gettare al vento le possibilità che il digital fundraising ti riserverà nell’immediato futuro!

Vuoi sapere di più sulle strategie digitali per il Fundraising? Scrivici oppure partecipa ai nostri eventi gratuiti l’8 Maggio a Firenze durante il Festival d’Europa (link) e il 13 Maggio a Pisa (incontro riservato alle associazioni e cooperative del territorio – link)

L’Europa a Firenze, si parla anche di crowdfunding e fundraising

Al via la III edizione del Festival d’Europa. Dal 6 al 10 maggio

Centoventi iniziative in 40 location disseminate sul territorio fanno della città di Firenze un grande laboratorio di cultura, spettacolo e sperimentazione su temi europei e non solo. In programma anche la Notte Blu: 50 eventi di musica, teatro, cinema, arte circense, fotografia e live cooking. Ecco la III edizione del Festival d’Europa che si tiene nel capoluogo toscano dal 6 al 10 maggio.

Cinque giorni pieni nei quali si parla di Europa in tutte le sue forme: dalla cultura alla didattica, dalle istituzioni all’economia, dall’Università alla cittadinanza. Occasioni uniche di dibattito dove si affronteranno anche temi scottanti come le politiche migratorie, la sicurezza dei nostri dati e la sorveglianza dei cittadini.

Tra i relatori il Presidente del Consiglio Matteo Renzi; l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano; il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni; l’Alto rappresentante UE per la Politica estera Federica Mogherini; l’ex premier Giuliano Amato; ex presidente UE, Romano Prodi; il premier greco Alexis Tzipras e altri esponenti della politica internazionale.

Sono coinvolte le maggiori Istituzioni europee, nazionali e locali: Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Istituto universitario europeo, Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, Ufficio di Informazione del Parlamento Europeo in Italia, Consiglio d’Europa, Regione Toscana, Comune di Firenze, Città Metropolitana di Firenze, Agenzia Erasmus+ Italia/INDIRE, Università degli Studi di Firenze e Camera di Commercio di Firenze. Il Festival è realizzato con il supporto dell’Agenzia Nazionale per i Giovani mentre il coordinamento è affidato a Fondazione Sistema Toscana.

Quattro le iniziative del Festival inserite nelle tematiche economiche, tra queste, l’8 maggio dalle 14.30 alle 17.30, il seminario “Fundraising, crowdfunding e valutazione d’impatto: quali strategie per profit e nonprofit?“.

È un seminario formativo/informativo gratuito sulla valutazione d’impatto sociale ed economico (es. SRoI – Social Return on Investment) dei progetti che tali fondi vanno a sostenere, anche nell’ambito di percorsi di responsabilità sociale d’impresa.

Relatori del seminario sono Emanuele Gambini, amministratore di Myfundraising; Ivano Magno, SEO/SEM di Myfundraising; Enrico Testi e Marco Bellucci, rispettivamente direttore e project manager di Yunus Social Business Centre University of Florence (vedi programma).

Sono disponibili 50 posti per Enti e imprese, professionisti, imprese sociali ed organizzazioni nonprofit interessati al tema. Sarà un momento di confronto sulle strategie di raccolta fondi, sempre più decisive nello sviluppo delle attività e dei progetti delle organizzazioni non-profit ma anche del mondo profit.
Partners dell’incontro sono: Camera di Commercio di Firenze, Yunus Business Centre University of Florence e il laboratorio ARCO, entrambi con sede presso PIN S.c.r.l. Polo Universitario Città di Prato e Myfundraising srls. (sp)

Per iscriversi occorre inviare la scheda di partecipazione entro il 7 maggio p.v. via email a promozione@fi.camcom.it o al numero fax: 055 2750.364.

http://www.festivaldeuropa.eu/
FB https://www.facebook.com/festivaldeuropa
Twitter #FDE15

Fare Fundraising sui social: quanto tempo serve?

Il tempo che una nonprofit può investire in mobile e social media dipende dalla sua grandezza: le piccole associazioni che non hanno la possibilità di assumere un manager dedicato dovranno per forza di cose limitare la loro attività a uno o due social network, dando la priorità alla comunicazione del proprio fundraising al sito web e all’email marketing. I social media sono strumenti ad alto potenziale ma, allo stesso tempo, ad alto consumo di tempo, pertanto se le ore dedicate sono poche i canali online “tradizionali” garantiscono un ritorno maggiore.
Nel caso in cui la piccola associazione decidesse di suddividere gli sforzi tra più persone di uno stesso team è necessaria una guida comune e un costante allineamento di tutti i membri del team, per fare in modo che ogni social sia allineato con gli altri. Inoltre lo staff dovrà essere correttamente formato e informato sulle pratiche di comunicazione per il social che andrà a gestire.

Le associazioni più grandi possono considerare l’idea di utilizzare le competentenze di un social media manager esterno per la gestione dei social media, mentre le grandi associazioni potranno inserire al proprio interno una o più figure professionali dedicate a questo importante canale di comunicazione.

Ma perché la gestione dei social network richiede un così alto investimento di tempo e denaro? Cerchiamo di dare nel seguito una stima del tempo minimo (settimanale) da dover spendere per gestire questo tipo di comunicazione:

Blog: 6 ore a settimana, il tempo minimo per poter trovare idee, scrivere, integrare foto e video. Numero di post realizzati? Due.
Facebook: 4 ore a settimana, tempo minimo per la pianificazione di 4-6 post, rispondere ai commenti degli utenti e controllare le statistiche
Twitter: 5 ore a settimana, tempo minimo per inserire 4 tweet/retweet al giorno, per rispondere ai messaggi e alle citazioni, organizzare le liste di follower e trovare nuovi follower “strategici”
Google+: 3 ore a settimana, tempo minimo necessario per pubblicare 4-6 aggiornamenti e interagine nelle cerchie di Google+
Linkedin: 2 ore a settimana, tempo minimo necessario per inserire 2-3 post, aggiornare il profilo e partecipare alle discussioni sui gruppi
Youtube: 1 ora a settimana, tempo minimo necessario per caricare video, iscriversi ad altri canali e studiare le campagne video di altre nonprofit.

La lista potrebbe proseguire con altri post, che al momento in Italia hanno un uso più limitato, come Pinterest e Instagram.

Da non dimenticare che alla fase di produzione contenuti e gestione devono essere necessariamente affiancate fasi di pianificazione e studio della comunicazione, creazione di grafiche e video, analisi dell’andamento delle campagne e dei risultati ottenuti.

Ancora convito di non aver bisogno di un Social Media Manager per ottenere il massimo dalle tue campagna di Fundraising?

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