Un caso concreto (e di successo) di raccolta fondi online

In questi giorni è stata pubblicata su quasi tutte le testate giornalistiche la notizia di un ragazzo inglese sovrappeso oggetto di scherzi sui social network. La vicenda, per chi non la conoscesse, è molto semplice: un ragazzo in forte sovrappeso è ad un concerto e sta ballando, viene fotografato da alcuni ragazzi che lo prendono un giro e, nella foto successiva, il ragazzo viene ritratto tristemente a bordo pista.

L’immagine è stata postata sulle pagine di 4chan e il ragazzo in soggetto è stato preso di mira dei soliti “bulli da tastiera”. Non è però passato inosservato e alcuni utenti si sono offerti di organizzare una festa in onore del malcapitato riuscendo a raccogliere in pochi giorni ben 40.000 dollari da circa 2.000 donatori. E non è tutto: alla festa parteciperanno anche personaggi famosi del calibro di Moby.

Fin qui la notizia. Quello che vogliamo proporre di seguito è una riflessione su come l’utilizzo della rete possa far raggiungere risultati inaspettati.

Ai nostri clienti ripetiamo spesso che i Social Network sono la leva fondamentale per il successo delle campagne di raccolta fondi. Non solo per raccolte sporadiche, ma nell’ottica di costruire rapporti di fiducia e duraturi con i donatori, che potrebbero in futuro finanziare e addirittura promuovere essi stessi i vostri nuovi progetti.

Ma come usare al meglio i Social nella strategia di Fundraising?

  1. Usa una comunicazione adeguata al tipo di social
    Ogni social network ha una caratteristica propria, da tenere ben presente durante la scrittura dei post, ad esempio un tono troppo (o troppo poco) serio potrebbe determinare il successo o meno di un post, allo stesso modo di un messaggio eccessivamente promozionale. In poche parole: su Facebook il messaggio sarà sicuramente più “semplice” di quello che potrei pubblicare su LinkedIn.
  2. Conosci i tuoi follower
    è importante conoscere chi sono gli utenti che ti seguono o che hanno messo mi piace alla tua pagina. In questo modo potrai utilizzare un linguaggio o un tipo di comunicazione adatto a loro: ad esempio se hai un “pubblico” di ventenni è inutile che racconti di quanto erano belli gli anni ’80!
  3. Posta contenuti che richiamino attenzioni o che suscitino emozioni negli utenti
    Perché la raccolta fondi vista all’inizio di questo articolo ha avuto successo? Perché ha suscitato emozioni, ha colpito il cuore e la sensibilità delle persone che in qualche modo si sono riconosciute nelle sofferenze del ragazzo inglese. E questo è quello che devi trasmettere ai tuoi donatori attraverso i social: trasmetti emozioni, trasmetti la tua passione per quel progetto o quella causa, non basta dire “abbiamo bisogno di soldi” o “aiutaci ad aiutare”, dobbiamo aprire il cuore delle persone. Attenzione: non vogliamo giocare con i sentimenti delle persone, vogliamo solo trasmettere nel modo corretto le stesse emozioni che suscita in noi il progetto. In una parola dobbiamo suscitare “empatia”
  4. Rispondi sempre ai commenti, tagga e cita altre persone, creare relazioni
    Inutile dirlo: la base dei social network (di tutti!) è la creazione di una rete di relazioni. Le relazioni vanno curate nel giusto modo, i nostri “amici” o follower devono sentirsi importanti e non un semplice finanziatore, devono sentirsi partecipi dei successi ottenuti grazie al loro contributi, devono ricevere una risposta ogni volta che commentano un vostro post.
  5. Controlla le statistiche e costruisce le strategie future sulla base dei dati raccolti.
    Non ci stancheremo mai di dirlo: su internet tutto è tracciabile, possiamo sapere se un post pubblicato alle 10 del mattino ha ottenuto più o meno visualizzazioni rispetto a quello pubblicato alle 15. E perché continuare a pubblicare ad un orario o in un giorno in cui sono consapevole che i miei utenti non sono attivi sui social?

Sportello per donazioni “Donachiaro”: facciamo il punto

“Donachiaro” è un progetto dedicato a Organizzazioni Non Profit, Enti Pubblici e Privati che promuovono campagne di raccolta fondi a scopo sociale. Avvalendosi di uno sportello di digitale, permetto ai privati di effettuare una donazione per la raccolta fondi che preferiscono con varie modalità di donazioni, come ad esempio la possibilità di donare tramite “moneta elettronica”.

Pochi giorni fa sono usciti i dati statistici dell’ultimo trimestre del 2014, che riportiamo nel seguito.
Negli ultimi tre mesi dello scorso anno Donachiaro ha raccolto 28.175,85€ da 1.057 donatori. Molto interessanti i dati relativi a coloro che hanno effettuato una donazione tramite carta di credito: percentuale tre volte maggiore rispetto alle donazioni con carta effettuate online, così come la media delle donazioni (30€) è più elevata delle donazioni in contanti.
Lo sportello “Donachiaro” permette anche all’utente di inserire i propri dati (nome, cognome, indirizzo email) per rimanere in contatto con l’associazione: anche in questo caso le percentuali sono conforntati: quasi il 30% dei donatori ha lasciato i propri recapiti.

Nel 2015, inoltre, sono previste importanti novità, come dichiara il CEO di Itineris Italia Giacomo Tirillò “il 2015 è l’anno di Donachiaro 2.0: stiamo lavorando ad importanti sviluppi di funzionalità degli sportelli che presto consentiranno, tra l’altro, ai sostenitori delle Onp di impegnarsi alle donazioni ricorrenti, fidelizzandosi nel momento stesso della prima donazione”.

Per maggiori informazioni su “Donachiaro” http://www.donachiaro.com/

7 consigli per la tua raccolta fondi online

Alcuni giorni fa è stato pubblicato il report annuale dedicato alle strategie digitali di circa 500 non profit tra USA e Canada. In poco più di 30 pagine vengono raccolti dati e suggerimenti per organizzare le proprie strategie online di raccolta fondi.

Di seguito riportiamo i 7 consigli finali del report per una “digital strategy 2015 di successo, leggermente modificati da quello che abbiamo imparato dalla nostra esperienza diretta.

  1. Impara dai tuoi errori
    Ti sei mai chiesto come si fa a diventare bravo a pianificare campagne digital di raccolta fondi? Sbagliando! Il vecchio adagio “sbagliando si impara” è vero anche nel caso delle raccolte fondi: non tutte le scelte fatte portano i risultati sperati, per il futuro basta cercare i motivi del fallimento e evitare di commettere i soliti errori.
  2. Il “Peopleraising”, una nuova risorsa
    Una campagna di raccolta fondi è un lavoro a tempo pieno, ti sarai già accorto di essere a corto di risorse umane da impegnare per le varie attività. Quello che forse non stai facendo è coinvolgere altre persone nel tuo progetto: il mondo è pieno di persone che vogliono dare una mano, spesso anche i donatori stessi sono disposti a fare un passo in più per la causa che hanno sostenuto. Approfittane!
  3. Conosci il target
    Spesso il web viene criticato perché è stato utilizzato come strumento alternativo ai rapporti tra persone. Anche tramite questo mezzo, però, possiamo conoscere le persone che hanno sostenuto la nostra causa, ci sono molti strumenti per poter interagire con loro, per capire le loro motivazioni e i loro sentimenti, senza fermarci solamente al puro dato statistico o economico.
  4. Pianifica i tuoi contenuti
    Blog, sito web, Facebook, Twitter, Youtube.. averli tutti non vuol dire comunicare, e utilizzarli tutti non vuol dire farlo bene. I contenuti vanno scelti e pianificati con attenzione, ogni canale deve avere il suo stile comunicativo perché raggiunge target di pubblico diversi.
  5. Focalizzati sugli obiettivi
    il tuo obiettivo deve essere chiaro (soprattutto a te!) e devi lavorare solo per raggiungere quello. Se stai raccogliendo fondi utilizza le strategie online SOLO per la raccolta, se cerchi volontari focalizza la tua attenzione su questo. Se hai troppi obiettivi rischi di non raggiurgerne nemmeno uno!
  6. Test, test e ancora test
    Ricordi il punto 1? Bene.. ma non basta imparare dai propri errori, bisogna anche saper migliorare i propri successi. Per questo è importante testare sempre cose nuove, nuovi argomenti, nuovi layout, nuovi stili di comunicazione. Se abbiamo fatto una scelta vincente, non è detto che sia la migliore in assoluto: potrebbe esistere una strategia migliore che potrebbe aumentare ulteriormente le performance della nostra campagna.
  7. Misura!
    “Tutto è tracciato”, uno degli aspetti vincenti delle strategie digitali: ogni pagina vista, ogni clic, ogni interazione dell’utente con voi è tracciata, è possibile capire esattamente le conseguenze (positive o negative) di una scelta, di una modifica al sito, di un cambio di immagine sui social.. e se non state tracciando niente di tutto ciò, non aspettate oltre!

Novità per le start up a vocazione sociale

Le startup innovative a vocazione sociale sono imprese profit che mirano alla produzione di beni e servizi di utilità sociale e interesse generale. In particolare la società deve operare in uno dei settori indicati dall’art 2, comma 1 del decreto legislativo 155 del 2006:

  • assistenza sociale o sanitaria
  • istruzione e formazione
  • tutela dell’ambiente
  • turismo sociale
  • etc.

Questo tipo di aziende rischia di essere poco attrattiva per i potenziali investitori, motivo per cui a chi scegli questa particolare categoria vengono riconsociuti benefici fiscali elevati rispetto alle classiche startup innovative.

La nuova procedura si articola in due passaggi: il primo garantisce una rapidità di entrata del riconoscimento di vocazione sociale e prevede semplicemente che l’imprenditore barri l’opportuna casella durante la compilazione della domanda per godere del regime di startup innovativa. il secondo serve per verificare il soddisfacimento dei requisiti e per dare solidità alla procedura.
Durante il secondo passaggio l’imprenditore deve dimostrare, tramite un “Documento di descrizione di impatto sociale”, il possesso dei requisiti necessari per lo status di vocazione sociale.

Questa nuova procedura semplificata, almeno nel primo passaggio, favorirà il nascere di questo nuovo tipo di realtà imprenditoriali, sempre più importanti per la collettività.

I problemi della Scuola? Risolviamoli con il 5×1000!

Alcuni giorni fa il Premier Matteo Renzi, durante un’intervista, ha pronunciato queste parole: “un meccanismo serio nel quale ciascun genitore e cittadino in dichiarazione dei redditi indica la singola scuola”. Insomma una donazione fatta da ogni italiano a sostegno dell’Istruzione Pubblica.

Le nostre associazioni sanno bene quanto sia difficile promuovere il proprio 5×1000, che comprende non solo le ONLUS, ma anche ricerca scientifica, sport e molto altro ancora. Questo tipo di donazione inoltre rappresenta in questi tempi di crisi e di tagli, una risorsa fondamentale di finanziamento delle proprie attività. La “concorrenza” della scuola pubblica non manca proprio!

Non è questo il luogo per trattare temi come quello del finanziamento dell’istruzione pubblica e del diritto allo studio garantito dallo Stato Italiano, però vogliamo invitare tutti a riflettere su un meccanismo di donazioni che, oltre a togliere potenziali fondi alle associazioni, rischia di portare grosse disparità da istituto e istituto.

Grants: pubblicità (gratuita) per le ONLUS

L’impero Google è talmente vasto che molte delle possibilità che vengono offerte vengono ignorate dai più. Il programma Google Grants è tra le migliori opportunità che una ONLUS può trovare sul web.

In cosa consiste Google Grants?
Google offre la possibilità di fare pubblicità sulla propria rete di ricerca gratuitamente alle ONLUS. Il programma prevede la creazione di campagne Pay Per Click con le seguenti caratteristiche:

  • offerta massima per ogni chiave utilizzate 2$
  • budget massimo giornaliero 330$
  • budget massimo mensile 10.000$

Queste sono cifre di tutti rispetto per una normale campagna Pay Per Click, che spesso nemmeno normali aziende commerciali investono in questo genere di pubblicità. A conti fatti Google “regala” 120.000 dollari all’anno (l’equivalente di 105.000 €). E se vi sembrano ancora pochi, con il programma Grants Pro la spesa mensile può salire fino a 40.000$ al mese!

Chi può accedere al proramma Grants
Per poter richidere accesso al programma è necessario essere iscritto nel registro nazionale delle ONLUS, con alcune limitazioni. Non possono richiedere di partecipare a Grants:

  • Enti e organizzazioni governativi
  • Ospedali e gruppi medici
  • Scuole, centri per l’infanzia, istituti accademici e università
  • Partiti politici, organizzazioni politiche e lobby

Una volta presentata la domanda e la documentazione necessaria, non rimane che attendere il responso di Google.

Perché dovresti usare Grants per la tua associazione?
Per rispondere a questa domanda partiamo facendo qualche conto: ammesso che il costo per ogni clic sia effettivamente di 2 dollari (ma con le opportune ottimizzazioni questo costo potrebbe ridursi), con uno “spesa” di 120.000 dollari riusciresti a portare la bellezza di 60.000 utenti sulle pagine del tuo sito!

Il valore aggiunto di questi 60.000 utenti quale è, rispetto (ad esempio) alla distribuzione di 60.000 volantini? La differenza è che le persone raggiunte grazie al programma Grants (e alle campagne Pay Per Click in generale) sono profilate sulla base delle ricerche: il tuo annuncio, la tua associazione, la tua richiesta di donazioni vengono mostrate proprio a quegli utenti che in quel particolare momento sono interessati alla tua causa.

Quindi: (almeno) 60.000 potenziali donatori raggiunti, tutti profilati..non basta ancora? Bene, c’è un altro buonissimo motivo, che accomuna Grants a qualunque altro tipo di camapagna sul web, e si chiama “misurare“. Il pannello di Google Grants, integrato con le statistiche di Google Analytics di accesso al sito, garantiscono statistiche complete per poter tenere traccia dell’andamento effettivo della campagna: puoi sapere quante volte è stato visto il tuo annuncio, quanti click (visite) hai ricevuto, quali sono le ricerche effettuate dagli utenti, quali azioni hanno compiuto, i giorni della settimane e gli orari di maggior accesso, e molto altro ancora.

Quindi ora il problema rimane “ma come faccio a creare e gestire una campagna Pay Per Click con Grants?“. Non preoccuparti, per questo ci siamo qua noi, basta cliccare qui

La rete come modello per il fundraising

Ci sta capitando sempre più come consulenti di fundraising di incontrare non più solo singoli soggetti nonprofit, cioè singole organizzazioni di volontariato, associazioni o cooperative sociali, ma veri e proprie reti di soggetti nonprofit (e non solo). Si tratta di gruppi, centri servizi per il volontariato, consorzi, ma anche reti non necessariamente formalizzate in una soggettività giuridica che aprono ad una dimensione diversa per quantità ma anche per qualità della consulenza direzionale in ambito fundraising.

Sempre più soggetti di coordinamento, reti e gruppi nonprofit, si accorgono che la dimensione di rete appunto, è una dimensione capace di generare valore aggiunto se adeguatamente coltivata e promossa, anche oltre le economie di scala, la capacità di avere maggiore forza contrattuale in gare o progettualità comuni o per le attività istituzionali di rappresentanza che generalmente stanno alla base della loro costituzione.

Ebbene, c’è un valore aggiunto che può essere evidenziato e potenziato, inerente la dimensione intrinseca della rete o del coordinamento o del raggruppamento. Si tratta in particolare della capacità di presentarsi ai propri target di riferimento (soggetti, comunità, potenziali donatori ecc.) come tale e non semplicemente come la somma di soggetti singoli. Questo significa un cambiamento di prospettiva particolarmente profondo da accompagnare con un adeguato intervento di definizione di strategie e strumenti per governare tale dimensione.

Così il nostro intervento, necessariamente integrato, si fonda su un progetto multilivello (sui singoli soggetti della rete, e sulle aggregazioni dei soggetti) che interviene almeno sui seguenti ambiti operativi:

  • La comunicazione, che diventa una leva capace di dare armonicità e identità alla rete come tale, coordinando adeguatamente in un progetto integrato appunto non solo i diversi media (tradizionali, audiovisivi, digitali) ma i diversi soggetti, moltiplicando così la capacità di rappresentazione della rete, restituendo un’immagine adeguata alla struttura reticolare, potenziando le attività promozionali (di vendita di beni e/o servizi, così come di raccolta di donazioni o di ricerca di volontari);
  • Le attività di raccolta fondi in senso stretto, di tipo tradizionale ovvero anche nell’ambito digital, necessitano di un coordinamento e di conseguire i propri risultati a partire proprio dalla logica dello scambio di rete, potenziando così la capacità di penetrazione nei contesti e tra i donatori potenziali;
  • Infine, non per ultimo, il coordinamento e l’integrazione delle strategie digitali all’interno della rete, si pensi ad es. alle attività promozionali che possono essere svolte nell’ambito di progetti di crowdfunding che coinvolgano reti di soggetti e non solo singole nonprofit, così come ad attività di email marketing o a campagne social media martketing che allo stesso modo vedano coinvolti in maniera integrata più soggettività.

Si tratta di una prospettiva di grande interesse, su cui ancora poco si sta studiando. E’ per tale ragione che stiamo promuovendo un protocollo d’intesa con il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa che da tempo studia reti nonprofit e del volontariato, avendo prodotto tra l’altro una riflessione scientifica e anche pubblicazioni di livello nazionale e internazionale di grande interesse. Ci auguriamo che tale protocollo possa essere concluso nelle prossime settimane e cominciare a produrre attività ed iniziative che vadano quindi anche a sviluppare questa riflessione più direttamente legata alla raccolta fondi.

Finanziare solo chi fa bene

La raccolta fondi, lo sappiamo, è un’attività che sempre più sta adottando metodi e tecniche e si fonda su elementi emozionali oltre che razionali capaci di catturare il donatore e fidelizzarlo nel tempo sulla causa benefica promossa. Ma sappiamo anche che il fundraising non è solo questo, è anche strategie, è tecnicalità applicate a tutto il processo di pianificazione-realizzazione-valutazione della raccolta fondi.

Ora, se tali acquisizioni rappresentano a nostro avviso una importante evoluzione che apre a nuove opportunità di raccolta, c’è comunque un discorso di fondo sempre attuale da affrontare, e cioè il merito in termini di efficacia e di impatto che le attività finanziate hanno rispetto agli obiettivi che si ponevano. Si tratta di un elemento di fondo che come consulenti di organizzazioni nonprofit e imprese sociali, ci poniamo e vogliamo sottoporre ad una discussione e ad una elaborazione più ampia. Il fatto non è secondario se si pensa alla necessità di reperire fondi (non solo pubblici, data la contrazione generale) e alla necessità conseguente di concentrare le risorse su ciò che effettivamente è capace di produrre cambiamenti apprezzabili, di segno positivo, sulle realtà su cui le nonprofit intervengono.

Siamo tra coloro che, pur sostenendo e promuovendo lo sviluppo del settore nonprofit, lo guardano con occhi sufficientemente neutrali per ragionare attorno anche alle inefficienze e alle situazioni di scarso impatto che talora tali attività producono. Insomma, una valutazione della bontà dei progetti in termini di efficacia (soprattutto relativamente agli outcome, ossia alla capacità di produrre effetti positivi auspicati nei beneficiari) e di impatto (in particolare nel senso di produrre nel tempo un cambiamento positivo stabile e significativo), rappresenta a nostro avviso un elemento cruciale, su cui anche chi – come le organizzazioni nonprofit – fondano il loro funzionamento, lavora costantemente sul fundraising, cercando di migliorare progressivamente in termini qualitativi e quantitativi la propria capacità di raccolta fondi.

Occorre in questo senso secondo la nostra visione, rafforzare questo legame tra attività di raccolta e misurazione dell’efficacia e dell’impatto delle attività per le quali si richiedono finanziamenti. Recentemente tale visione pare affermarsi anche nell’ambito di alcune esperienze nuove di finanziamento del sistema creditizio, si vedano ad es. i social bond emessi per Dynamo Camp. E’ un terreno ancora non sufficientemente praticato, ma che riteniamo, nel prossimo futuro interesserà più diffusamente il fundraising in generale. Per questo ci siamo mossi anche per promuovere una riflessione in tal senso che abbiamo pensato di svolgere nell’ambito del Festival d’Europa a Firenze in programma il prossimo mese di maggio. Insieme con la CCIAA di Firenze e l’Osservatorio dell’economia civile, lo Yunus Business Centre University of Florence e il laboratorio Arco, abbiamo a riguardo presentato una proposta per un seminario di studio sui temi della valutazione d’impatto e del fundraising, proposta attualmente in valutazione che ci auguriamo possa essere realizzata proprio nell’ambito dell’importante festival della primavera prossima.

“Il welfare sociale in Italia. Realtà e prospettive”

Il Cesvot organizza il 27 febbraio a Firenze la presentazione del libro “Il welfare sociale in Italia. Realtà e prospettive” (Carocci editore).

Il libro presenta i principali tratti che contraddistinguono oggi il welfare sociale nel nostro Paese e mette a fuoco le diverse strade che il welfare sociale italiano potrebbe intraprendere nei prossimi anni. In particolare, si sofferma sulle realtà e sulle prospettive degli interventi rivolti per lo più ad anziani non autosufficienti, persone con disabilità, famiglie in povertà e prima infanzia.

Approfondiremo questi temi con Cristiano Gori, uno degli autori del libro, Stefania Saccardi, assessora al Welfare della Regione Toscana, don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco e Federico Gelli, presidente di Cesvot. Conduce l’incontro Giovanni Anversa, giornalista di Rai 3.

Per maggiori informazioni clicca qui

Quale sviluppo in Italia per le donazioni?

Lo spunto di riflessione viene da un trend che sembra affermarsi negli ultimi mesi e che vede il fisco italiano sensibilmente più attento a riconoscere forme agevolative sulle donazioni (cfr. ad es. l’aumento del limite massimo detraibile per le donazioni alle ONLUS e alle organizzazioni ad esse assimilate, introdotto con l’ultima legge di stabilità), così come assecondare lo sviluppo del 5X1000 togliendo il tetto che negli ultimi anni aveva limitato non poco le possibilità di entrata da questa fonte per le organizzazioni beneficiarie, ONLUS e non solo.

Alla domanda che abbiamo posto nel titolo, “quale sviluppo in Italia per le donazioni?”, la risposta più ovvia e semplice è che l’andamento possa segnare nuovi aumenti, ma al di là degli auspici, è opportuno ragionare su quali siano le condizioni che possano favorire in qualche misura la crescita.

Recenti report ci hanno mostrato come il nostro Paese non figuri tra i primi (solo al 79esimo posto della classifica mondiale). Anche per questo riteniamo che vi sia un potenziale di crescita particolarmente significativo. Proprio in questi giorni, il portale Vita.it ha riportato una notizia sui primi 50 donatori negli USA, che hanno aumentato del 27,5% le loro donazioni ad organizzazioni benefiche e di come in questo elenco di grandi donatori, la parte principale sia oggi svolta da nomi legati alle industrie hi-tech. Un trend che è possibile forse – sebbene con proporzioni differenti – veder riprodotto anche in Europa e forse parzialmente anche in Italia, ancorché il nostro Paese abbia un modello capitalistico certamente diverso per dimensioni e caratteristiche da quello nordamericano.

Non vi è dubbio però che alcuni fattori strutturali, quali ad esempio il mutato quadro di riferimento del finanziamento del sistema di welfare (e non solo, il ragionamento vale anche per la cultura, l’educazione, la protezione ambientale ecc.), con una generale contrazione delle risorse pubbliche, stia progressivamente portando le organizzazioni nonprofit che a quel sistema di finanziamento pubblico attingevano fino a qualche tempo fa in maniera assai significativa, a recuperare relazioni stabili con i diversi attori individuali e collettivi, profit e non, della propria comunità di riferimento, al fine di accrescere le entrate da donazioni (e da sponsorizzazioni).

Ma se questo rappresenta ormai un elemento che possiamo dire consolidato e che spinge in maniera strutturale il nonprofit a rivedere le proprie strategie di posizionamento anche relativamente alle fonti di entrata per il proprio funzionamento e per lo svolgimento delle attività istituzionali, vi sono a nostro avviso anche altri fattori che possono (e potranno) contribuire ad uno sviluppo significativo del sistema del finanziamento da donazioni private (da cittadini e imprese).

Proviamo ad identificarne due. Quello che sta mutando – seppure con tempi molto diversi rispetto ad altri paesi, si pensi ai paesi anglosassoni – è la cultura del sostegno alle organizzazioni nonprofit. Un contributo significativo in questo senso lo hanno fornito negli anni proprio le misure dell’8X1000 prima e del 5X1000 poi,  che hanno mobilitato un gran numero di contribuenti in un’azione non ulteriormente costosa, ma che ha offerto buone opportunità a molte organizzazioni (non solo per le grandi sigle nonprofit nazionali). Oltre a questo, l’azione sempre più organizzata e stabile nel tempo delle grandi sigle del terzo settore, del mondo associativo e della ricerca che, per sostenere nuove cause sociali legate a malattie rare, alla protezione umanitaria dei minori, al sostegno a distanza o ancora alla protezione dell’ambiente, hanno puntato tutto sulla costruzione di un rapporto continuativo col donatore singolo, con iniziative di massa, con un marketing sociale professionalizzato e con un’attenzione sempre più marcata a personalizzare il percorso di fidelizzazione del donatore, sulla base anche del suo comportamento. L’introduzione di tecniche e metodologie di fundraising professionale ha fatto fare il salto di qualità (e di quantità, in termini di entrate) a molte di queste organizzazioni.

Ecco, l’estensione e la diffusione di tali metodologie, a partire dalla capacità di dare una direzione, degli obiettivi, delle metodologie scientifiche di monitoraggio delle attività di raccolta fondi, la capacità di comunicare adeguatamente e di rendicontare efficacemente quanto svolto con le donazioni raccolte, rappresenta il fattore oggi determinante per molte organizzazioni nonprofit anche di piccola e media dimensione per potersi ri-orientare nella direzione che dicevamo. La spinta ad intraprendere tali modalità gestionali, se non per virtù sarà a nostro avviso frutto di una necessità in molti casi di sopravvivenza o comunque di sostenibilità dell’organizzazione stessa, una strada obbligata insomma, capace tuttavia di aprire a nuove opportunità tali organizzazioni.

L’ulteriore elemento, fattore propulsivo della crescita che vediamo possibile delle donazioni nel nostro Paese, è rappresentato dalle nuove opportunità che il mondo digital mette a disposizione. Lasciamo un attimo da parte la questione del digital divide che in molti casi sembra superata, basti vedere la progressiva diffusione del commercio elettronico (in crescita a doppia cifra percentuale anno su anno) o alla diffusione dei social network (e non solo tra i giovani). Ora, non è questa la sede adatta per approfondire dettagliatamente ciascuna di queste opportunità, del resto sempre in costante evoluzione, ma basti citare l’email o sms marketing, l’adozione di campagne pay per clic con pubblicità magari offerta gratuitamente dal programma Grants di Google. Allo stesso modo, basti citare il potenziale dei social network, non solo per la condivisione di contenuti ed iniziative delle nonprofit, ma anche per canalizzare e potenziare le capacità di raccolta fondi e ricerca di volontari. Ecco, tutti questi nuovi strumenti rappresentano una nuova frontiera da utilizzare sapientemente, promuovendo strategie, ma da adottare senza indugi! Non ultime le nuove opportunità offerte da modalità collaborative di raccolta fondi dal basso date dalle diverse forme di crowdfunding (letteralmente, finanziamento dalla folla), dal rewarding, alla forma donation based o alle forme più complesse e spesso anche più interessanti ad esempio per il mondo delle imprese sociali e delle start up innovative a vocazione sociale, del social lending e dell’equity crowdfunding.

Non resta che attendere le evoluzioni, ma aggiungiamo, con un atteggiamento pro-attivo, capace di costruire percorsi e di mettere le organizzazioni nonprofit nelle condizioni strutturali per poter catturare flussi di donazioni che potranno costituire una valida fonte alternativa di finanziamento e sostegno delle cause sociali.

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