Obbligatoria la pubblicazione online dei rapporti economici con la P.A.: salatissime le sanzioni!

Entro il 28 febbraio scatta l’obbligo di pubblicazione sul sito internet di ciascuna organizzazione di terzo settore che abbia avuto rapporti finanziari con la Pubblica Amministrazione nell’esercizio precedente di importo superiore ai 10mila euro.
Si tratta di una novità introdotta con la Legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza) pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 189 del 14.08.2017 e entrata in vigore il 29.08.2017, con la quale al fine di rendere maggiormente trasparenti i rapporti di soggetti privati (e del privato sociale) con la Pubblica Amministrazione, ha determinato un obbligo di tipo pubblicistico relativo a tutti i rapporti contrattuali di carattere economico intrattenuti nell’esercizio precedente. Ecco il testo integrale del provvedimento (Art. 1 commi 125-127):

125. A decorrere dall’anno 2018, i soggetti di cui all’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, i soggetti di cui all’articolo 137 del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonche’ le associazioni, le Onlus e le fondazioni che intrattengono rapporti economici con le pubbliche amministrazioni e con i soggetti di cui all’articolo 2-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, nonche’ con societa’ controllate di diritto o di fatto direttamente o indirettamente da pubbliche amministrazioni, ivi comprese quelle che emettono azioni quotate in mercati regolamentati e le societa’ da loro partecipate, e con societa’ in partecipazione pubblica, ivi comprese quelle che emettono azioni quotate in mercati regolamentati e le societa’ da loro partecipate, pubblicano entro il 28 febbraio di ogni anno, nei propri siti o portali digitali, le informazioni relative a sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque a vantaggi economici di qualunque genere ricevuti dalle medesime pubbliche amministrazioni e dai medesimi soggetti nell’anno precedente. Le imprese che ricevono sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere dalle pubbliche amministrazioni e dai soggetti di cui al primo periodo sono tenute a pubblicare tali importi nella nota integrativa del bilancio di esercizio e nella nota integrativa dell’eventuale bilancio consolidato. L’inosservanza di tale obbligo comporta la restituzione delle somme ai soggetti eroganti entro tre mesi dalla data di cui al periodo precedente. Qualora i soggetti eroganti appartengano alle amministrazioni centrali dello Stato ed abbiano adempiuto agli obblighi di pubblicazione previsti dall’articolo 26 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, le somme di cui al terzo periodo sono versate ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ai pertinenti capitoli degli stati di previsione delle amministrazioni originariamente competenti per materia. Nel caso in cui i soggetti eroganti non abbiano adempiuto ai prescritti obblighi di pubblicazione di cui all’articolo 26 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, le somme di cui al terzo
periodo sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo per la lotta alla poverta’ e all’esclusione sociale, di cui all’articolo 1, comma 386, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

126. A decorrere dall’anno 2018, gli obblighi di pubblicazione di cui all’articolo 26 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, si applicano anche agli enti e alle societa’ controllati di diritto o di fatto, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni dello Stato, mediante pubblicazione nei propri documenti contabili annuali, nella nota integrativa del bilancio. L’inosservanza di tale obbligo comporta una sanzione pari alle somme erogate.

127. Al fine di evitare l’accumulo di informazioni non rilevanti, l’obbligo di pubblicazione di cui ai commi 125 e 126 non sussiste ove l’importo delle sovvenzioni, dei
contributi, degli incarichi retribuiti e comunque dei vantaggi economici di qualunque genere ricevuti dal soggetto beneficiario sia inferiore a 10.000 euro nel periodo considerato.

Alcune osservazioni:

  • per il combinato disposto del comma 125 e 127, l’obbligo è prescritto per gli importi uguali o superiori a 10mila euro, per ciascuna Pubblica Amministrazione con la quale il beneficiario ha rapporti economici. Ciò significa che complessivamente l’organizzazione potrebbe avere rapporti economici anche superiori a 10mila euro ma con più Amministrazioni dalle quali riceve, singolarmente, importi inferiori a detto tetto.
  • La natura del rapporto economico è indicata in sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere. Pertanto sono da intendersi compresi anche locazioni, entrate da convenzioni, da appalti ecc.
  • L’obbligo è relativo alla pubblicazione ogni anno entro il 28 febbraio, quindi entro il 28 febbraio 2018, per la prima applicazione, relativamente ai rapporti economici riferibili all’esercizio 2017.
  • La norma parla di sovvenzioni, contributi ecc. ‘ricevuti’ nell’esercizio precedente. Tale criterio è ambiguo se sia riferibile alla competenza o alla cassa. È pertanto opportuno, in attesa di uno specifico chiarimento ministeriale, l’indicazione relativo alla competenza con, a fianco, la quota effettivamente incassata nell’anno.
  • La norma non specifica le modalità di pubblicazione, ad esempio non è indicato se sia sufficiente una ‘news’ che resta poi nell’archivio, o se sia necessario una pagina dedicata o un semplice link nel footer, simile a quello che solitamente viene messo per la policy privacy, con rinvio ad una pagina dedicata ma non in evidenza. Qui si tratta di interpretare il senso che il Legislatore ha voluto dare alla disposizione, quello cioè di aumentare il livello di trasparenza nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. È pertanto consigliabile dedicare un’apposita sezione del sito, accessibile dai menu, dedicata alla trasparenza.

 

Infine, e non per ultimo (anzi, è un punto rilevantissimo), all’obbligo di pubblicazione è associata una sanzione per coloro che non vi ottemperino, che prevede la restituzione delle somme percepite. Una misura che francamente appare esagerata, una norma che tutti stentano a credere che possa essere effettivamente applicata per la sproporzione rispetto alla violazione e che probabilmente ha elementi di incostituzionalità proprio per tale aspetto. Tuttavia, non vale la pena sfidare la sorte!

#Riforma Terzo Settore: dal 1 gennaio al via le nuove agevolazioni sulle donazioni

Un altro step di attuazione della Riforma del Terzo Settore, in attesa che per una serie di misure agevolative e fiscali si perfezioni il parere della Commissione Europea, è entrato pienamente in vigore il 1 gennaio 2018; si tratta di una parte importante relativa:

  • alle norme che regolano il regime di deducibilità o di detraibilità delle erogazioni liberali effettuate in favore degli ETS (Enti del Terzo Settore);
  • al cosiddetto ‘social bonus’, credito d’imposta di cui parleremo in un prossimo articolo
  • al regime di esenzione IRES dei redditi immobiliari riconosciuto alle OdV (Organizzazioni di Volontariato) e alle APS (Associazioni di Promozione Sociale).

Un primo effetto della Riforma, è l’estensione dei profili soggettivi, cioè delle tipologie di organizzazioni beneficiarie. Una volta che il RUNTS (Registro Unico del Terzo Settore) sarà pienamente operativo, tutti gli ETS ad esso iscritti potranno beneficiare di dette agevolazioni. Con la precisazione di riserve per quanto attiene agli ETS commerciali e alle imprese sociali non costituite in forma societaria (che possono beneficiare di dette agevolazioni solo per lo svolgimento dell’attività statutaria e solo per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale).

Nelle more dell’entrata in vigore del RUNTS, a partire appunto dal 1 gennaio 2018, le nuove agevolazioni si applicano a ONLUS, organizzazioni di volontariato o associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri. Di seguito una sintesi.

Persone Fisiche

Erogazioni in denaro: detrazione IRPEF 30% del valore erogato all’ETS fino a € 30.000,00 complessivi per ciascun periodo d’imposta (erogazioni da effettuarsi unicamente attraverso mezzi tracciabili). Nel caso di OdV (Organizzazioni di Volontariato) la detrazione è del 35%.

Erogazioni in natura: detrazione IRPEF 30% del valore erogato all’ETS fino a € 30.000,00 complessivi per ciascun periodo d’imposta (tipologia di beni e valorizzazione delle liberalità è demandata ad un successivo decreto del Ministero Lavoro e Politiche Sociali di concerto con il Ministero Economia)

(In alternativa)

Deduzione delle erogazioni liberali effettuate dal reddito complessivo netto dichiarato entro il 10% del dichiarato. Se la deduzione supera il reddito complessivo netto (cioè al netto di tutte le deduzioni), l’eccedenza può essere portata avanti fino ai quattro esercizi successivi, fino a concorrenza del suo ammontare.

Speciale Riforma Terzo Settore: bando da 91 mln € per gli ETS

È stato firmato il 13 novembre scorso un nuovo ed importante provvedimento applicativo della Riforma del Terzo Settore. Si tratta dell’atto di indirizzo con il quale vengono stanziati 91 milioni di euro, fondo previsto dalla Riforma stessa in cui, tra l’altro confluiscono i precedenti stanziamenti riservati alle organizzazioni di volontariato ex 266/91 e alle APS ex 383/2000.

Già un primo avviso per complessivi 44,8 milioni, riservato ai progetti nazionali è attivo e in scadenza il prossimo 11 dicembre. Si tratta della quota riservata a progetti a rilevanza nazionale che devono trovare attuazione in almeno 10 regioni. Il finanziamento per ogni singolo progetto non dovrà essere inferiore a 250 mila euro e non superiore a 900 mila. La quota di co-finanziamento minima è del 20% per le ODV e le APS, e sale al 50% se sono le Fonazioni a presentare il progetto.

In attesa che il Registro unico del Terzo settore previsto dalla riforma prenda corpo, possono presentare i progetti APS e ODV iscritte ai relativi registri regionali e le fondazioni registrate all’anagrafe delle ONLUS. Altra novità è che i progetti potranno essere presentati dagli enti anche in partnership con le reti associative (la nuova forma aggregativa prevista dal Codice).

Le iniziative dovranno prevedere lo svolgimento di una o più attività di interesse generale previste dall’art. 5 del Codice e riguardare diverse aree di intervento, tra cui: contrasto dello sfruttamento sul lavoro; sviluppo della cultura del volontariato; sostegno all’inclusione sociale; prevenzione e contrasto delle dipendenze e delle forme di violenza; interventi su marginalità e esclusione sociale (persone senza dimora o in povertà assoluta, migranti); rafforzamento della cittadinanza attiva; promozione del sostegno a distanza e sviluppo delle forme di welfare generativo di comunità.

Successivi bandi saranno poi emanati dalle Regioni per le quote riservata ai progetti di ambito territoriale per uno stanziamento complessivo di 26 milioni di euro.

Inoltre è previsto lo stanziamento di un fondo rotativo di 10 milioni per attività di interesse generale promosse dagli enti di terzo settore, che sarà gestito dalla neonata Fondazione Italia Sociale. Le risorse saranno messe a disposizione sotto forma di finanziamenti agevolati per l’acquisto di terreni agricoli o di fabbricati – anche da ristrutturare; macchinari impianti e attrezzature di fabbrica; programmi informatici e servizi per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, veicoli e autoveicoli. Sono poi previsti altri 7 milioni e 750 mila euro per l’acquisto di autoambulanze, veicoli per le attività sanitarie e beni strumentali e 2 milioni e 580 mila euro per le APS che si occupano di soggetti disabili svantaggiati.

Scarica l’atto di indirizzo

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Codice del Terzo Settore, un approfondimento giuridico

Questa settimana diamo spazio ad un breve approfondimento giuridico che va a costituire il quadro di riferimento, il nuovo quadro di riferimento per tutti gli Enti di Terzo Settore. Fino ad oggi divisa tra codice civile e leggi speciali, la disciplina degli Enti di Terzo Settore viene ricompresa nel Codice del Terzo Settore. Un Codice dunque, non solo un Testo Unico, in quanto l’obiettivo di riunificare la disciplina si è accompagnato ad una sua revisione.

Il Codice Civile in realtà viene modificato solo all’art. 42 bis, dunque una modifica che può essere definita come minimale, al contrario di quanto si poteva prevedere dalla legge delega. Come ha già sottolineato il Consiglio di Stato, si profila un sostanziale svuotamento del Codice Civile in particolare relativamente al libro I. Quella che emerge è una codificazione settoriale, che investe tanto aspetti civilistici, tanto aspetti tributari.

Si tratta quindi di un intervento normativo ‘pesante’, che riposiziona completamente gli assetti degli Enti di Terzo Settore, a partire – non a caso – dalla loro definizione normativa, finora assente nell’ordinamento. Il nuovo Codice del Terzo Settore prevede inoltre le modalità di coordinamento con le altre leggi speciali. Di tale aspetto si occupa specificamente l’art. 3, che configura essenzialmente una specialità sia delle norme codicistiche, sia delle norme speciali relative ad alcuni particolari Enti del Terzo Settore. In caso di contrasto tra le norme generali del Codice del Terzo Settore e quelle specifiche relative ai particolari Enti di Terzo Settore (vale sia per le norme codicistiche che per le altre norme), si applicano queste ultime che pertanto derogano rispetto alla disciplina generale. Il Codice Civile resta come norma residuale, applicabile nel limite di una sua compatibilità, laddove si presentino aspetti non risolvibili con le norme del Codice del Terzo Settore.

Myfundraising e l’impegno sulla Riforma del Terzo Settore

Nelle precedenti newsletter, ormai da qualche mese, abbiamo dedicato numerosi articoli alla nuova Riforma del Terzo Settore.

Saremo il prossimo 18 novembre come relatori al seminario interno di un’importante rete provinciale di organizzazioni di volontariato socio-sanitario. Siamo inoltre già stati contattati da alcune singole organizzazioni di terzo settore per approfondire le novità della normativa e l’impatto, anche in termini di sviluppi inediti, che potrà avere sulle singole organizzazioni.

Presto lanceremo una linea consulenziale dedicata alla Riforma e alla sua applicazione. L’idea di fondo è che la Riforma non sia adattativa, ma potenzialmente di sviluppo. Per questo pensiamo che sarà necessario dare spazio alle associazioni e alle imprese sociali che vorranno osare ed investire sul proprio futuro.

Si tratta di un tempo fecondo per riflettere e comprendere a fondo la portata delle novità normative. La Riforma infatti, pur contenendo misure sul piano giuridico, fiscale e tributario, non investe solo aspetti tecnici, semplicemente da applicare per adeguare la propria struttura istituzionale e la propria collocazione nell’alveo normativo. La Riforma contiene piuttosto un seme – talora anche portatore di criticità, ma spesso di opportunità – che offre la possibilità alle organizzazioni nonprofit di scommettere sulla loro crescita.

Ciò che le organizzazioni ci stanno chiedendo è di riflettere con loro sul loro futuro, su eventuali trasformazioni (es. da volontariato ad impresa sociale, su come cogliere le nuove opportunità di finanziamento e raccolta fondi), su evoluzioni in termini di crescita e diversificazione dei propri ambiti operativi (sia in termini di attività e materie affrontate, sia in termini di soggetti giuridici con i quali svolgere dette attività ecc.). Ed è su questo piano che stiamo proponendo più che convegni che talora rischiano di rimanere su un piano generico poco utile alla comprensione, percorsi che siano sufficientemente personalizzati. Contattaci ora per un appuntamento.

Raccolta (e impiego) di fondi e valutazione d’impatto sociale

“In Italia solo l’8% delle fondazioni dichiara di avere una metodologia per valutare l’impatto sociale generato dai propri interventi filantropici, mentre il 56% delle ong adotta una Theory of Change (ToC), innovativo approccio metodologico per raggiungere i propri obiettivi strategici. Il 23% di queste lo fa proprio per impostare un sistema di valutazione dell’impatto. Eppure si tratta di un ambito in cui le organizzazioni non profit dovranno necessariamente rafforzarsi, come previsto dalla legge per la riforma del terzo settore (il cui giro d’affari complessivo in Italia è stimato attorno ai 65-70 miliardi di euro), che richiede a tutti gli enti senza scopo di lucro – secondo modalità ancora da definire – di dar conto del proprio impatto sociale.” Così un recente articolo apparso su Italia Oggi il 24 ottobre u.s.
La questione della valutazione dell’impatto sociale è ‘esplosa’ per così dire con la Riforma del Terzo Settore che la introduce nell’impianto normativo come una novità per gli Enti del Terzo Settore. Da tempo l’impiego dei fondi, es. il 5X1000, richiedono una modalità di rendicontazione che sta evolvendo non solo in termini di restituzione dell’output o degli outcomes, cioè delle realizzazioni fatte con i fondi o dei risultati conseguiti direttamente dai beneficiari dei progetti e dei servizi, ma in termini di impact appunto. Ma cosa voglia dire effettivamente misurare l’impatto e cosa significhi impatto sociale e quali metriche si possano utilizzare, questo è già più complesso.

“La valutazione dell’impatto sociale” – prosegue l’articolo sopra citato – “è stato uno dei temi centrali del V Lang Philanthropy Day che si è svolto oggi a Palazzo Clerici di Milano, realizzato da Fondazione Lang Italia.
Nel corso della giornata è stato presentato il primo studio in Italia in grado di dimostrare quanto i servizi nell’ambito dell’accoglienza e della cura dei minori in condizioni di disagio incidano positivamente in termini di risparmio per la collettività. La misurazione è stata effettuata da Fondazione Lang Italia sull’operato di Caf Onlus – Centro Aiuto Minori e Famiglie.  L’analisi, che ha utilizzato l’indicatore SROI – Social Return On Investment, stima che ogni euro investito dall’associazione per svolgere i suoi principali servizi abbia generato un valore di 3,1 euro in termini di risparmio per la collettività.
Il risparmio stimato è calcolato tenendo in considerazione diverse voci di spesa che, grazie all’operato di CAF Onlus, non graveranno più sulle casse dei comuni e dello stato. Tra queste, ad esempio, i costi per le cure sanitarie dovute a maltrattamenti, i costi scolastici straordinari e di accoglienza in comunità e quelli per gli interventi dell’Autorità di Pubblica Sicurezza e per l’attivazione dei Tribunali.”
Già nel 2015 come Myfundraising avevamo introdotto il tema del fundraising e dell’impatto sociale nell’ambito di un seminario organizzato presso la Camera di Commercio di Firenze in partnership con il Dipartimento di Economia dell’Università di Firenze. Oggi possiamo trovare numerosi convegni e scuole di formazione che si occupano di valutazione d’impatto e fundraising. E – come si vede – il tema è diventato di attualità anche per gli erogatori di fondi.
Myfundraising può offrire alle organizzazioni nonprofit la propria consulenza per la valutazione d’impatto sociale con il metodo SROI – Social Return On Investment. Contattaci ora!

La co-progettazione alla luce della Riforma del Terzo Settore

L’articolo 55 del Codice del Terzo Settore si occupa del “Coinvolgimento degli enti del Terzo settore:

1. In attuazione dei principi di sussidiarieta’, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicita’, omogeneita’, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilita’ ed unicita’ dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attivita’ di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonche’ delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona.
2. La co-programmazione e’ finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalita’ di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili.
3. La co-progettazione e’ finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2.
4. Ai fini di cui al comma 3, l’individuazione degli enti del Terzo settore con cui attivare il
partenariato avviene anche mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialita’, partecipazione e parita’ di trattamento, previa definizione, da parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e specifici dell’intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali dello stesso nonche’ dei criteri e delle modalita’ per l’individuazione degli enti partner.”

La Riforma sembra così rilanciare il coinvolgimento degli Enti di Terzo Settore non solo nella fase di gestione di iniziative, interventi e progettualità, per il tramite di convenzioni (da effettuare con Enti iscritti al Registro Unico Nazionale degli Enti di Terzo Settore, eventualmente accreditati secondo le normative regionali laddove necessario, ecc.), ma fin dalle fasi di programmazione e di progettazione.

Vi è la configurazione giuridica quindi di una co-responsabilità su azione della Pubblica Amministrazione che la stessa prevede per gli ETS a certe condizioni di riconoscimento e accreditamento laddove previsti. Si tratta di previsioni non banali, che evidenziano come ciò che almeno nella normativa era già sancito per le politiche sociali, adesso viene potenzialmente esteso alle materie di cui all’articolo 5 del Codice. È pertanto una delle previsioni (e delle novità) a nostro avviso maggiormente significative che introduce la Riforma, una fra l’altro delle meno sottolineate tra quelle più in evidenza nei commenti che leggiamo in articoli o ascoltiamo nei convegni di presentazione.

La co-programmazione apre ad un esercizio effettivo della sussidiarietà verticale e ad un’assunzione condivisa di responsabilità nella definizione delle politiche pubbliche, pur con ruoli e poteri amministrativamente diversi e distinti. Si tratta di un enorme passo in avanti che implica anche l’assunzione da parte degli ETS di una consapevolezza, peraltro non scontata, che apre anche ad un ruolo più maturo da parte degli ETS stessi.

Non nascondendo che tale previsione necessita poi della prova dei fatti, ma un po’ come tutte le cose. La previsione normativa apre alla gestione differente, in co-progettazione e co-programmazione (prima) non solo delle politiche sociali o di welfare più in generale, ma di tutte le politiche pubbliche per le quali si evidenzia quindi una funzione pubblica degli ETS, pur in assenza di una soggettività pubblica. Un aspetto interessante che apre a nuove frontiere di cooperazione pubblico-ETS e che necessiterà anche di una maturazione da parte del personale sia dell’amministrazione pubblica che degli ETS. Una nuova sfida da cogliere al volo!

Chi sono gli italiani che donano….

…e voi conoscete i vostri donatori?

In occasione della giornata del dono celebrata il 4 ottobre scorso, l’Istituto Italiano della Donazione ha reso noti i risultati sintetici di alcune ricerche commissionate in materia di donazioni.

Uno degli aspetti toccati da una di queste ricerche ha riguardato “I profili degli italiani che donano”. La nota diffusa dall’IID sul proprio sito istituzionale riporta come

“L’indagine ha anche tracciato un profilo dei donatori italiani: si tratta principalmente di persone di età adulta o matura (dai 45 anni in su) con risorse culturali ed economiche elevate ed accentuata presenza femminile. Tra le professioni si evidenziano i dirigenti e gli impiegati di alto livello. Data l’età, si registrano pensionati, famiglie in un ciclo maturo (con figli grandi) e persone che vivono da sole. “I donatori italiani – ha commentato Paolo Anselmi – sono persone sicure di loro stesse e delle proprie capacità, che approcciano la vita con apertura, coinvolgimento ed interesse verso ciò che accade nel mondo. Sono soddisfatte della propria vita e dei traguardi che hanno raggiunto: di conseguenza investono tempo ed energie sia nella sfera privata (famiglia, amici, viaggi, attività fisica, cultura..), che in quella sociale. Sono spesso impegnate in attività di volontariato e mostrano una spiccata sensibilità verso le tematiche di natura etica ed ambientale. Il tempo libero viene trascorso in modo attivo fra molteplici interessi culturali, come la visita a musei, la lettura, gli spettacoli teatrali e passatempi attivi. Anche la loro esposizione ai mezzi di comunicazione è positiva: coerentemente con il profilo psicografico – curiosità, ricerca di informazioni e molteplici interessi culturali – si tratta di persone con una dieta mediatica eterogenea, caratterizzata dalla lettura sia della stampa quotidiana che di magazine”.

Ma qui arriva il bello, quanto la tua organizzazione conosce i propri donatori? Il discorso sulla profilazione verte almeno su due aspetti: un primo aspetto riguarda la definizione delle ‘personas’. Sì, non abbiamo sbagliato a scrivere, vogliamo dire proprio ‘personas’. Non basta infatti segmentare il proprio pubblico in categorie (ad esempio, in base all’età, al sesso, alla professione, agli interessi ecc.), non basta definire il proprio target scegliendolo tra quelli identificati nel lavoro di segmentazione, ma è ormai indispensabile – anche per i donatori – definire le personas, descrivendone le caratteristiche idealtipiche anche in base ai dati che si hanno a disposizione. La domanda di fondo che muove la definizione delle personas è ‘di cosa ha bisogno il mio donatore?’

Per questo è utile avere un progressivo tracciamento e monitoraggio del comportamento del donatore, fin dal momento in cui è semplicemente una persona interessata, un contatto e naturalmente poi ancor di più quando diventerà donatore o magari donatore ripetitivo, regolare ecc. Ogni comportamento, ogni elemento ulteriore di conoscenza è prezioso. Sia per affinare la definizione delle personas (questa vi aiuterà a costruire meglio le vostre strategie di raccolta fondi e di promozione delle campagne), sia per conoscere in maniera puntuale il singolo donatore e implementare una strategia di comunicazione, promozione e raccolta fondi completamente personalizzata.

Oggi esistono modalità (es. noi di Myfundraising utilizziamo la ‘donor automation’) che consentono di lavorare su questi aspetti, ottimizzando le risorse investite nella raccolta fondi e nella comunicazione promozionale, e di acquisire e ragionare attorno ad informazioni sul comportamento del vostro utente donatore.

Perdona ora la domanda retorica, ma non possiamo fare a meno di farla: Vuoi davvero fare un salto di qualità (e con tutta probabilità anche di quantità) nella raccolta fondi per la tua nonprofit? È il momento di investire su questo aspetto. E se il proposito è davvero convinto, parti da subito, non puoi più rinviare pensando che ormai la prossima campagna è già impostata (se fai così non comincerai mai!), dedica subito energie e risorse sufficienti alla ricerca sulla profilazione dei donatori e all’impostazione di una database che ti faccia conoscere e monitori il comportamento di ciascuno dei tuoi donatori. Se ti abbiamo convinto, non resta che contattarci!

Come potenziare il tesseramento associativo con la Donor Automation

In prossimità della fine dell’anno, le associazioni riprogrammano le attività di tesseramento che propongono ai propri iscritti e alla cittadinanza. Il tesseramento per un’associazione non è solamente un’importante occasione di raccolta fondi, ma una vera e propria attività di coinvolgimento dei propri iscritti e dei potenziali associati per far conoscere chi si è e cosa si fa.

Molti utilizzano il direct mailing con spedizione di una comunicazione cartacea e di un bollettino postale per il rinnovo, altri una strategia fondata sul ‘porta a porta’ consegnando direttamente la tessera o dando la possibilità di un rinnovo differito tramite bollettino o altro versamento, altri associano più strategie, incluse quelle digitali, in particolare attraverso il mailing.

Qualunque sia la vostra strategia pensiamo che la ‘donor automation’ possa essere una valida soluzione da integrare alla vostra modalità principale.

La donor automation è una modalità di comunicazione personalizzata che, grazie ad una pianificazione di invii successivi di comunicazioni (es. per email) risponde al comportamento utente. Nel nostro caso sarebbe utile impostare una campagna con comunicazioni successive che ad esempio raccontino che cosa l’associazione fa e perché è importante associarsi, quali sono stati i principali risultati e quali invece le sfide di fronte, invitando ad unirsi al gruppo di soci per conseguire i risultati attesi, sollecitare chi ancora non ha rinnovato ecc. Il comportamento utente sarà diverso. Ad esempio potrebbe aprire la mail e rinnovare la tessera online, oppure non aprirla alla prima comunicazione ma ad una successiva. Potrebbe utilizzare il bollettino postale ecc. Anche il versamento con la donor automation è tracciabile perché può essere aggiornato manualmente se la tessera è pagata direttamente in contanti, oppure viene tracciato in automatico il versamento online o con bollettino postale con codice di tracciamento prestampato. Il tutto con il vantaggio di avere un quadro non solo statistico degli invii di email, ma anche personale, utente per utente, cosa che per il tesseramento ha davvero una rilevanza notevole.

Su Myfundraising.it puoi fare il preventivo gratuito della tua campagna di donor automation per il tesseramento, scaricando il preventivo senza impegno sulla tua posta elettronica. Chiedici come fare info@myfundraising.it

Impresa sociale: ecco le nuove materie

Uno degli aspetti da molti anni dibattuto in merito all’impresa sociale è stato il suo limitato ambito di operatività. Questo, tra altri, è stato in effetti uno dei motivi principali di mancato sviluppo di tale istituto. La Riforma del Terzo Settore, pur non aprendo indiscriminatamente ad ogni settore produttivo o dei servizi, stante le caratteristiche costitutive dell’impresa sociale stessa, ha tuttavia colmato in ampia misura questo problema. Oltre alla conferma per le materie già previste nella precedente normativa del 2006, la Riforma traccia un ampliamento significativo, potenzialmente interessante sia per le nuove imprese sociali, sia per la cooperazione sociale che con questa nuova normativa trova nuovi spazi di sviluppo.

Ecco l’elenco completo delle materie su cui può operare l’impresa sociale:

“ a) interventi e servizi sociali ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, ed interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, e di cui alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive modificazioni;

b) interventi e prestazioni sanitarie;

c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni;

d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonche’ le attivita’ culturali di interesse sociale con finalita’ educativa;

e) interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell’attivita’, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;

f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni;

g) formazione universitaria e post-universitaria;

h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale;

i) organizzazione e gestione di attivita’ culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attivita’, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato, e delle attivita’ di interesse generale di cui al presente articolo;

j) radiodiffusione sonora a carattere comunitario, ai sensi dell’articolo 16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni;

k) organizzazione e gestione di attivita’ turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;

l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo ed al contrasto della poverta’ educativa;

m) servizi strumentali alle imprese sociali o ad altri enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da imprese sociali o da altri enti del Terzo settore;

n) cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, e successive modificazioni;

o) attivita’ commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell’ambito o a favore di
filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un’area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla
base di un accordo di lunga durata finalizzato a promuovere l’accesso del produttore al mercato, e che preveda il pagamento di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l’obbligo del
produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere ai lavoratori di condurre un’esistenza libera e dignitosa, e di
rispettare i diritti sindacali, nonche’ di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile;

p) servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone di cui al comma 4;

q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, e successive modificazioni nonche’ ogni altra attivita’ di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;

r) accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;

s) microcredito, ai sensi dell’articolo 111 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni;

t) agricoltura sociale, ai sensi dell’articolo 2 della legge 18 agosto 2015, n. 141, e successive modificazioni;

u) organizzazione e gestione di attivita’ sportive dilettantistiche;

v) riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalita’ organizzata.

2. Tenuto conto delle finalita’ civiche, solidaristiche e di utilita’ sociale di cui all’articolo 1, comma 1, della legge n. 106 del 2016, nonche’ delle finalita’ e dei principi di cui agli articoli 1 e 2 del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106, l’elenco delle attivita’ d’impresa di interesse generale di cui al comma 1 puo’ essere aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione del decreto, decorsi i quali quest’ultimo puo’ essere comunque adottato.

3. Ai fini di cui al comma 1, si intende svolta in via principale l’attivita’ per la quale i relativi ricavi siano superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi dell’impresa sociale, secondo criteri di computo definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

4. Ai fini del presente decreto, si considera comunque di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto, l’attivita’ d’impresa nella quale, per il perseguimento di finalita’ civiche, solidaristiche e di utilita’ sociale, sono occupati: a) lavoratori molto svantaggiati ai sensi dell’articolo 2, numero 99), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, e successive modificazioni;

b) persone svantaggiate o con disabilita’ ai sensi dell’articolo 112, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni, nonche’ persone beneficiarie di protezione internazionale ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e successive modificazioni, e persone senza fissa dimora iscritte nel registro di cui all’articolo 2, quarto comma, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, le quali versino in una condizione di poverta’ tale da non poter reperire e mantenere un’abitazione in autonomia.”

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