E’ pur vero che vi sono linguaggi universali se parliamo di dono, di solidarietà, di aiuto umanitario ecc. Ma è altrettanto vero che le cause per le quali stiamo cercando sostenitori volontari o donatori, hanno tali specializzazioni che portano con sé linguaggi e stili comunicativi propri.
La cosa che dobbiamo cercare di capire è che non possiamo però essere autocentrati, guardare cioè solo al ‘nostro’ linguaggio, perché questo è tipico dell’attività che svolgiamo, del progetto che stiamo proponendo…i nostri interlocutori, in particolare gli attuali o potenziali donatori, hanno un loro linguaggio.
Facciamo qualche esempio. Se devo promuovere un bando per la ricerca di giovani volontari in servizio civile, il mio target saranno giovani e dovrò usare non certo un linguaggio formale (come di solito è invece quello dei bandi!). Ho visto mille volte comunicati stampa, locandine, lettere di invio ad incontri informativi che francamente penso siano totalmente ignorati dai giovani (o dalla stragrande maggioranza di essi). Non sto parlando di canale di comunicazione (anche questo certamente non irrilevante!), ma proprio di linguaggi, di stili comunicativi, di espressioni gergali.
Vediamo un’altra situazione, per certi versi all’opposto: se mi sto occupando di assistenza a persone affette da Alzheimer, probabilmente il mio target saranno i familiari, presumibilmente soggetti adulti che vivendo di persona una situazione critica e dolorosa, non solo avranno necessità di un livello informativo diverso, ma dovranno essere approcciati anche in modo adeguato, con un linguaggio accogliente, capace di trasmettere anche affidabilità, competenza, sicurezza. Non ultimo non dobbiamo dare per scontato che i nostri potenziali donatori conoscano a fondo termini tecnici dell’attività che proponiamo; essere chiari e completi nella spiegazione, agevola la comprensione del nostro interlocutore.
Quindi, abbiamo capito…basta con la lettera standard per il donatore!