Se pensiamo alle fonti di finanziamento dell’impresa sociale, il mercato (prevalentemente pubblico) dei servizi (prevalentemente alla persona) da un lato e la ricerca di donazioni e/o sponsorizzazioni dall’altro, unitamente al ricorso a contributi pubblici o privati su bandi/call, dunque su progetto, rappresentano i tre pilastri attraverso i quali dette organizzazioni assicurano la sostenibilità dei propri interventi. Naturalmente, lo sappiamo, la natura di queste entrate e le loro caratteristiche sono molto diverse e nel budgeting dell’impresa sociale dovrebbero pertanto essere considerate diversamente.
Vi è tuttavia una prospettiva, che potrebbe vedere il suo sviluppo in tempi anche ragionevolmente rapidi, e che riguarda la possibilità di accedere – per le imprese sociali ex lege (ricordiamo che la Riforma del Terzo Settore estende questa tipologia, di diritto, anche alle Cooperative Sociali) – all’equity crowdfunding come nuovo canale particolarmente interessante per il finanziamento e la patrimonializzazione dell’impresa. Questo aspetto non esclude le altre strategie, ma semmai va (andrebbe, dato che la decretazione è attesa nei prossimi mesi) a colmare una difficoltà per l’impresa sociale (un po’ come avviene anche per le start up innovative e le PMI innovative) ad accedere ai tradizionali canali del credito.
Con l’equity, una particolare forma di crowdfunding, non circolano donazioni o finanziamenti nella forma rewarding (es. pre-selling o pre-order), ma una vera e propria partecipazione al capitale di rischio. L’Italia da tempo si è dotata (prima al mondo) di una specifica e stringente (forse fin troppo) normativa sull’equity che oggi è riservata appunto solo alle start up innovative e alle PMI innovative. Con i provvedimenti attuativi della Riforma del Terzo Settore verrebbero invece estesi i benefici riservati alle start up innovative anche alle imprese sociali. Non su tutte le piattaforme è possibile fare equity e le procedure sono anche giustamente molto stringenti e sottoposte al controllo di Consob. Tuttavia si tratta di un’opportunità ulteriore che va ad estendere appunto la capacità di raccolta di capitale di rischio. Nel caso dell’impresa sociale – se pensiamo ad esempio alla forma cooperativa – l’opportunità potrebbe essere anche duplice perché andrebbe a rafforzare (lo vedremo alla prova dei fatti, ma almeno teoricamente possiamo sostenere questa tesi) il carattere comunitario e partecipativo, aspetti questi che ritroviamo per altro verso nel crowdfunding, come processo collaborativo dal basso. Qui non si tratta di fare donazioni, ma di partecipare al capitale di rischio. Ma pensate quale potenzialità potrebbe avere ad esempio un crowdfunding equity di un’impresa sociale finanziato dai genitori dell’asilo gestito dall’impresa sociale stessa, o un crowdfunding equity partecipato e finanziato dai pazienti di un poliambulatorio gestito dall’impresa sociale…significa davvero trasformare una parte di servizi del welfare, anche di tipo strutturato, in servizi di comunità, in cui il controllo sociale diventa ancora più forte e la proprietà è direttamente in capo all’utenza. Utopia? Noi pensiamo possa essere più un’opportunità su cui prepararsi. Impresa sociale #staytuned.